XI domenica del tempo Ordinario, Anno B. Più che la senape, Domenica “del Cedro”?

Per un curioso scherzo di coincidenze, ma anche per una scelta voluta, pare che la Domenica dell’XI settimana del tempo Ordinario, nel ciclo B del lezionario liturgico, abbia una connotazione botanica importante.

Le due parabole evangeliche, sulla forza intrinseca del seme di grano e sul granellino di senape, ci introducono in panorami di campagna e di vita agricola. Ma ancora più curioso il finale della seconda similitudine, che apre collegamenti inaspettati. Infatti, il termine ultimo dell’analogia non sottolinea soltanto il contrasto piccolo-grande dello sviluppo del seme fino alla pianta, più grande di tutte le piante dell’orto, ma si apre ad elementi che non dovrebbero essere presenti in un “orto”. In una piantagione di frutta o di ortaggi è più frequente e normale incontrare spaventapasseri che nidi per gli uccelli del cielo!

La pianta di senape è presa come immagine parabolica del Regno di Dio non solamente per il rovesciamento delle dimensioni ma anche per un aspetto nuovo e inaspettato: pare che Gesù ammiri non tanto la grandezza, in se stessa, della pianta, o la rigogliosità e l’abbondanza del frutto, quanto la capacità di fare così tanta ombra, che gli uccelli del cielo possano farvi nidi!

Amplificando: come se nel valutare la qualità di un ciliegio, non si guardasse ai fiori o ai frutti, ma si cercasse quanti nidi di merli vi siano: normalmente, il volo e il canto di un merlo nei paraggi dovrebbe far sussultare il coltivatore di frutta, perché ciò significa perdita sicura, o almeno rovina, della frutta. Gesù invece si aspetta addirittura i nidi di uccelli, che non sarebbero per nulla graditi ad una considerazione umana.

Quindi, sembra che ad essere apprezzata nella pianta di senape sia proprio la capacità di fare ombra. In questo pare possa intravedersi anche il collegamento con la prima lettura: “Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà” (Ez 17,23b). Chi sia questo “lui”, lo abbiamo sentito poco prima, il Cedro del Libano.

Non ci si scambi per cabalisti oziosi, ma è un dato di fatto che il cedro viene nominato anche nel salmo responsoriale: «Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano» [Sal 91(92), 13]. La scelta di tale salmo appare non casuale (1). Meno intenzionale è più fortuita invece è la terza occorrenza del cedro nella liturgia odierna. Nel terzo salmo delle lodi si è pregato: «Lodate il Signore dalla terra…alberi da frutto e tutti voi, cedri» [Sal 149(148) 9]. Ad essere precisi, c’è da dire che qui probabilmente si fa riferimento al cedro come albero da frutto e non al cedro del Libano, una conifera di tutt’altra famiglia e dimensione. Curiosa, tuttavia, questa insistenza sul cedro, che in questa domenica ha una nota positiva, rispetto ad altri passaggi della Sacra Scrittura in cui il cedro è simbolo dell’alterigia e dell’arroganza orgogliosa (cf. Ez 31; Sal 28(29),5; Is 2,13).

Il cedro ha dunque una parte importante, nella Parola di Dio proclamata e pregata in questa domenica.

Ma, in generale, nella liturgia, nei suoi testi, il cedro ha una sua parte? Ad una prima, superficiale ricerca non pare che nell’eucologia romana classica compaia alcuna occorrenza del nostro albero.

Tuttavia nella sequenza Laetabundus, di tradizione gallicana, presente anche nel Messale di Sarun (2), troviamo una significativa strofa, nel contesto del mistero dell’Incarnazione:

Cedrus alta Libani, [The great tree of Lebanon]

conformatur hyssopo [Hyssop’s lowliness puts on]

valle nostra.[In our valley]

Il tema dell’Incarnazione, e dell’umiliazione ed esaltazione pasquale di Cristo, ritorna anche in un’omelia, attribuita a San Giovanni Crisostomo, a commento della parabola del granellino di senape: Cristo è il seme che ha dissipato le tenebre e rinnovata la Chiesa.

La liturgia riesce a vedere insieme, mirabilmente, la piccolezza del semino di senape e la maestosa imponenza del Cedro del Libano!

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(1) Il titolo della prima lettura riassume il contenuto della pericope con queste parole: «Exaltavi lignum humile»: cf. Félix María Arocena (ed.), Psalterium liturgicum. Salterio crescita cum psallente Ecclesia. Vol II, Psalmi in Missalis Romani Lectionario, Città del Vaticano 2000, 69. 

(2) Non possiamo, qui, dire di più: per il testo e la melodia, cf. http://www.cantualeantonianum.com/2009/01/laetabundus-sequenza-natalizia.html.

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