San Pietro Crisologo plagiato?

Sarà stato il caldo estivo e il clima di vacanza, sarà stata la più facile allegria con cui si guarda la realtà e la natura quando si è liberi da più gravi occupazioni, oppure, semplicemente, un contrappasso di un «peccato» che un liturgista integralista non dovrebbe fare: dare un’occhiata al Santorale essendo domenica e non potendo addurre la giustificazione di una festa locale. Così, lo confessiamo, ci è capitato di leggere con gusto e profitto, dopo la preghiera canonica dell’Ufficio delle Letture secondo il calendario del tempo, anche il brano di san Pietro Crisologo proposto dal Salterio nell’occorrenza della sua memoria liturgica, il 30 luglio, quest’anno 2017 – appunto – ricorrente nel giorno di domenica.

La sorpresa è stata grande nel notare che le bellissime espressione di questo grande pastore e predicatore, non per niente attribuito del titolo di Crisologo, dalle parole d’oro, sembrano essere state riprese, senza saperlo, da un ben altro personaggio, che ha fatto fortuna mettendo insieme parole, e insieme parole e musica.

Prima il brano del nostro santo, con alcune sottolineature nostre (in verità, l’intero brano è di bellissima confezione e il contenuto è assai impattante):

Dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo (Disc. 148; PL 52, 596-598)

Quando la Vergine concepisce, vergine partorisce e vergine rimane. Non rientra nell’ordine della natura, ma dei segni divini. Non c’entra la ragione, ma la potenza superiore, non la natura, ma il Creatore. Non è cosa normale, ma singolare; è un fatto divino, non umano. La nascita di Cristo non fu dettata dalla necessità, ma da una libera scelta. Fu un sacramento di pietà, fu la restaurazione della salvezza umana. Colui che senza nascere aveva formato l’uomo da un intatto limo, quando egli stesso nacque, formò un uomo da un intatto corpo. La mano che si era degnata di prendere del fango per plasmare il nostro corpo, si degnò di prendere anche la carne per la nostra restaurazione. Ora che il Creatore dimori nella sua creatura e che Dio si trovi nella nostra carne, è un onore per l’uomo, non una sconvenienza per Dio.
O uomo, perché hai di te un concetto così basso quando sei stato tanto prezioso per Dio? Perché mai, tu che sei così onorato da Dio, ti spogli irragionevolmente del tuo onore? Perché indaghi da che cosa sei stato tratto e non ricerchi per qual fine sei stato creato? Tutto questo edificio del mondo, che i tuoi occhi contemplano, non è stato forse fatto per te? La luce infusa in te scaccia le tenebre che ti circondano. Per te è stata regolata la notte, per te definito il giorno, per te il cielo è stato illuminato dal diverso splendore del sole, della luna e delle stelle. Per te la terra è dipinta di fiori, di boschi e di frutti. Per te è stata creata la mirabile e bella famiglia di animali che popolano l’aria, i campi e l’acqua, perché una desolata solitudine non appannasse la gioia del mondo appena fatto.
Tuttavia il tuo creatore trovò ancora qualcosa da aggiungere per onorarti. Ha stampato in te la sua immagine, perché l’immagine visibile rendesse presente al mondo il creatore invisibile, e ti ha posto in terra a fare le sue veci, perché un possedimento così vasto, qual è il mondo, non fosse privo di un vicario del Signore.
Dio, nella sua infinita bontà, prese in sé ciò che aveva fatto in te per sé. Volle essere visto nell’uomo direttamente e in se stesso. Egli, che nell’uomo aveva prima voluto essere visto per riflesso, fece sì che diventasse sua proprietà l’uomo che prima aveva ottenuto di essere solo sua immagine riflessa.
Nasce dunque Cristo, per reintegrare con la sua nascita la natura decaduta. Accetta di essere bambino, vuole, essere nutrito, passa attraverso i vari stadi dell’età per restaurare l’unica perfetta duratura età, quella che egli stesso aveva creato. Regge l’uomo, perché l’uomo non possa più cadere. Fa diventare celeste colui che aveva creato terreno. Fa vivere dello spirito divino chi aveva soltanto un’anima umana. E così lo innalza tutto fino a Dio, perché nulla più rimanga nell’uomo di ciò che in lui v’è di peccato, di morte, di travagli, di dolore, di terra, per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo che vive e regna con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, ora e sempre per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.

Ora, proviamo ad accostare il testo di una canzone profana, ma non del tutto, perché composta in occasione della nascita della figlia primogenita, un 13 dicembre di vari anni fa. Si tratta del testo di «Per te», di Jovanotti (Lorenzo Cherubini) e altri autori.

È per te che sono verdi gli alberi
e rosa i fiocchi in maternità
è per te che il sole brucia a luglio
è per te tutta questa città
è per te che sono bianchi i muri
e la colomba vola
è per te il 13 dicembre
è per te la campanella a scuola
è per te ogni cosa che c’è ninna na ninna e…
è per te ogni cosa che c’è ninna na ninna e…
è per te che a volte piove a giugno
è per te il sorriso degli umani
è per te un’aranciata fresca
è per te lo scodinzolo dei cani
è per te il colore delle foglie
la forma strana della nuvole
è per te il succo delle mele
è per te il rosso delle fragole
è per te ogni cosa che c’è ninna na ninna e…
è per te ogni cosa che c’è ninna na ninna e…
è per te il profumo delle stelle
è per te il miele e la farina
è per te il sabato nel centro
le otto di mattina
è per te la voce dei cantanti
la penna dei poeti
è per te una maglietta a righe
è per te la chiave dei segreti
è per te ogni cosa che c’è ninna na ninna e…
è per te ogni cosa che c’è ninna na ninna e…
è per te il dubbio e la certezza
la forza e la dolcezza
è per te che il mare sa di sale
è per te la notte di Natale

E’ curiosa la somiglianza dei passaggi centrali del brano del Santo Vescovo di Ravenna con l’insistenza ripetuta della canzone, che mette al centro del cosmo la bambina, senza nominarla.

Non ci pare il caso di scomodare commissioni di vigilanza anti-plagio, san Pietro Crisologo, ne siamo sicuri, cederebbe volentieri i suoi diritti d’autore. Ma pensiamo che non sia questione di aver copiato dall’antico scrittore: si tratta di una naturale eccedenza dell’essere, della bellezza e del sentimento che sconvolge il cuore di un giovane papà guardando la sua piccola. Ben più fondata e articolata è l’argomentazione del santo, che poggia la sua valutazione della positività e della pro-positività del reale sul mistero dell’amore divino. Tuttavia, di una felice corrispondenza, può essere prova, forse neanche troppo consapevole o voluta, l’ultimo riferimento, nella canzone, alla notte di Natale. Un’indizio cristologico? Al lettore la sua risposta.

Buone vacanze, e alla prossima divagazione!

Una “Commissione ad hoc”… Era un segreto, o semplicemente nostra ignoranza?

Essendo del tutto estranei a circoli e a cordate e non avendo alcuna “fonte” se non testi e testimoni accessibili, della notizia che apprendiamo solo ora non c’era giunta nessuna anticipazione. Ci sia permesso tuttavia, dopo aver professato la nostra ignoranza, di stupirci e di rallegrarci di quanto troviamo documentato fra le righe di un intervento del professore Matias Augé. Si tratta di un commento del liturgista spagnolo ad uno scritto del Prefetto della Congregazione per il Culto (qui la pagina del blog con il testo in questione). Fra le righe, sobbalziamo alla lettura del passaggio seguente:

«…il cardinale ha il merito di esprimere una sua proposta concreta per arrivare “ad un rito comune riformato con lo scopo di facilitare la riconciliazione all’interno della Chiesa”. In primo luogo, il cardinale si augura che si possa arrivare ad un calendario liturgico comune per le due forme del rito romano, e anche ad una “convergenza” dei lezionari. Sua Eminenza sa, meglio di me, che una commissione ad hoc ha lavorato negli anni del pontificato di papa Ratzinger senza riuscire a produrre una proposta concreta, date le difficoltà dell’operazione».

Dal testo della Lettera di accompagnamento del Motu proprio Summorum Pontificum si evince che tale lavoro dovesse essere svolto dalla Commissione Ecclesia Dei, (1) un’istituzione già allora e ancor oggi attiva, e quindi non «ad hoc».

Non sappiamo dire nulla di più, se non immaginare quanti spunti e dati per lo studio e la ricerca potrebbero sorgere dalla possibilità di consultare la documentazione prodotta da tale Commissione. Immaginiamo il lavoro dei suoi componenti, le loro ricerche e le loro analisi: quale beneficio ne verrebbe se simile sforzo potesse essere condiviso. Al di là delle partigianerie e delle sensibilità, cultori e ricercatori di liturgia dovrebbero saper fare tesoro di simili confronti.

Che peccato che tutto debba rimanere segretato e ignoto, come purtroppo riteniamo accadrà. Ma saremmo felicissimi di essere smentiti, e di poter avere anche qualche piccola informazione in più!


(1) «Del resto le due forme dell’uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda: nel Messale antico  potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi. La Commissione “Ecclesia Dei” in contatto con i diversi enti dedicati all’ “usus antiquior” studierà le possibilità pratiche. Nella celebrazione della Messa secondo il Messale di Paolo VI potrà manifestarsi, in maniera più forte di quanto non lo è spesso finora, quella sacralità che attrae molti all’antico uso»: qui il testo completo.