Sazi, vivi e vegeti, proprio ora che sta per iniziare la Quaresima

Dopo aver citato, nel post precedente, le parole di un grande, ci prendiamo la licenza di mettere insieme alcuni dati in un alcune considerazioni nostre, senza pretesa alcuna di coerenza e sistematicità. Ci lasciamo semplicemente condurre dai testi della liturgia.

La pericope evangelica (Mt 6,24-34) sottolineava l’opera provvidente del Padre celeste, che nutre gli uccelli del cielo. Ne seguiva la domanda: «Non valete forse più di loro?».

Ma la stessa liturgia eucaristica nella quale era inserita la pagina matteana con tale domanda offriva anche l’esplicita risposta: si trattava di saperla ascoltare.

In effetti la traduzione italiana e forse le parole in libertà (avvisi, saluti, commenti vari…etc.) che sono introdotte – con una consuetudine che non diminuisce l’abuso – prima  o dopo che vengano pronunciate quelle non aiutano di certo a coglierle: si tratta delle parole della Orazione dopo la Comunione, che questa domenica si poteva legare in modo curioso con il testo del Vangelo. Così il Messale: «Padre misericordioso, il pane eucaristico che ci fa tuoi commensali in questo mondo, ci ottenga la perfetta comunione con te nella vita eterna». Una versione un pochino generica rispetto all’originale latino: «Satiati munere salutari, tuam, Domine, misericordiam deprecamur, ut, hoc modem quo nos temporaliter vegetas sacramento, perpetuae vitae participes benignus efficias». Abbiamo evidenziato i due verbi legati alla dimensione del nutrimento, per far notare come l’eucologia possa dare una risposta al testo del Vangelo. Certo, è pur vero, che l’impressione che la maggior parte dei fedeli lascia a vedere uscendo dalla celebrazione della Messa non è proprio quella di persone saziate e rinvigorite: forse l’unico loro sollievo è che sia finita!

Sarebbe davvero interessante studiare meglio il lessico delle preghiere dopo la comunione, in particolare modo quelle del tempo Ordinario. E’ davvero impressionante come spesso in esso si trovino espressioni legate al lessico della sazietà e del nutrimento. La dimensione conviviale della santa Eucaristia, la manducazione  del pane e l’assunzione del vino sono aspetti ben presenti nella terminologia che compone questa sezione eucologica. Inebriemur …et pascamur, dice il testo della XXVIII domenica: inebriati e pasciuti…

Ma tornando al testo della nostra domenica, l’VIII, da lì possiamo, con un pò di libertà (1), estrapolare tre termini: sazi, vivi e vegeti. Così dovremmo essere e così la liturgia della Chiesa ci ha fatti, pronti per la mortificazione quaresimale!


(1) Per la precisione, l’aggettivo italiano vegeto non deriva direttamente dal verbo vegeto della preghiera quanto da vegeo.

Concilio (solo) pastorale? La voce, passata eppure attuale, di uno dei protagonisti del Vaticano II

E’ davvero impressionante come considerazioni sull’attualità di oltre 50 anni fa siano ancora freschissime e attinenti anche a nostre e contemporanee questioni. Probabilmente ciò è dovuto allo straordinario significato dell’evento di allora come pure alla sapiente lungimiranza dell’autore delle stesse.

Parliamo infatti di alcune osservazioni di mons. H. Jenny, padre conciliare e membro fra i più attivi e impegnati nelle diverse commissioni che delinearono prima e portarono a compimento poi il rinnovamento liturgico disegnato a grandi tratti nella Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium (1). L’occasione di mettere per iscritto le riflessioni – inedite – che riportiamo più sotto – fu la terza ed ultima plenaria della Commissione Preparatoria, dall’11 al 13 gennaio 1962. Purtroppo, di quella sessione abbiamo solo qualche parola di commento generale nel pur ottimo articolo di p. C. Braga, «La terza redazione del primo capitolo della “Sacrosanctum Concilium”», Ephemerides Liturgicae 115 (2001) 35-67. Diversamente da quanto lodevolmente riporta il sito di documentazione http://www.fontescl.com per le due plenarie precedenti – con verbali e bozze della futura Costituzione -, il link al verbale della terza plenaria indirizza ad una pagina del tutto vuota (cf. qui). Non possiamo quindi affermare con certezza se il testo che riproduciamo sia stato tradotto in latino e quindi effettivamente pronunciato da Jenny nel corso della plenaria, oppure se si tratti di riflessioni per un circolo più ristretto. Non possiamo escludere che siano solo appunti e note esclusivamente personali, anche se il fatto che si tratti di un testo dattiloscritto fa pensare che sia stato pensato per una qualche comunicazione.

Fatto sta che le due pagine che recano annotata a mano la data del 12 gennaio 1962 descrivono alcune tensioni di allora che si ripresentano – mutatis mutandis – anche nell’oggi del dibattito ecclesiale. Mons. Jenny, di certo non classificabile fra quanti si opponevano alla dinamica del ritorno alle fonti per una riforma generale, insiste sul necessario fondamento cristologico di ogni pastorale e di ogni riforma. Mancando un radicato e profondo pensiero biblico e teologico-liturgico, le riforme sarebbero solo nuove rubriche, ritocchi esterni condannati a passare di moda molto presto, inseguendo l’ultima tendenza…. Abbiamo varie volte mostrato come Jenny abbia preso la parola e abbia combattuto anche su questioni minime e di dettaglio con assoluta precisione ed efficacia, la sua preparazione glielo consentiva. Tuttavia nei primi giorni del 1962, quando i periti della Commissione Preparatoria lavoravano alacremente per limare e riformulare i singoli numeri della Costituzione, il nostro vescovo francese non dimenticava l’orizzonte più ampio all’interno del quale ci si doveva muovere. Lasciamo a lui la parola:

On dit que le Concile sera surtout pastoral et apostolique: il pensera à ce monde immense et compliqué, affamé de pain et de vérité, attiré par le progrès, le bien-être, le plaisir. Mais pour que le Concile soit vraiment l’expression de la volonté du Sauveur, ne doit-il pas proclamer solennellement, pour le monde d’aujourd’hui, le message toujours actuel, toujours nouveau, du Règne de Jésus-Seigneur? Ne doit-il pas affirmer à nouveau, de façon à être entendu, que Jésus est le seul Sauveur, par sa Croix et sa Résurrection?

Même les chrétiens, même les prêtres, oublient parfois de proclamer le «testimonium Resurrectionis». Et le Seigneur ressuscité vit et agit dans sa liturgie, dans ce Passage incessant de l’Eucharistie.

Pour ce qui concerne la liturgie, ne convient-il pas, avant de proposer des «réformes», portant sur les «rites», les cérémonies, les formes extérieures, la langue, etc., ne faut-il pas d’abord rappeler le caractère réel et objectif de l’action mystérieuse du Christ Seigneur à travers les «faits» de la liturgie, qui sont les fêtes successives de l’Année chrétienne, qui sont les «merveilles du salut» renouvelées pour notre temps?  (Cambrai, fond Jenny, boite 14) (2)


(1) Cf. M. Felini, «Contributo alla storia della genesi della Sacrosanctum Conciliumgli interventi di Mons. Jenny e il suo influsso nel primo capitolo della Costituzione liturgica», Ecclesia Orans 31 (2014) 481-503; cf. anche i vari post sul blog, digitando «Jenny» nella casella  «cerca».

(2) Si dice che il Concilio sarà prevalentemente pastorale e apostolico: avrà a cuore questo mondo vasto e complicato, affamato di pane e di verità, attratto dal progresso, dal benessere, dal piacere. Ma affinché il Concilio sia veramente l’espressione della volontà del Salvatore, non dovrebbe annunciare solennemente al mondo di oggi, il messaggio sempre attuale, sempre nuovo, del Regno di Gesù il Signore? Non dovrà affermare ancora una volta, in modo da essere ascoltato, che Gesù è l’unico Salvatore, attraverso la sua croce e risurrezione? Anche i cristiani, anche gli stessi preti a volte dimenticano di annunciare il «Testimonium Resurrectionis». E il Signore risorto vive e agisce nella sua liturgia, in questo passaggio incessante dell’Eucaristia. Per quanto riguarda la liturgia, non si conviene, prima di proporre «riforme» in riferimento ai «riti», alle cerimonie, alle forme esterne,  alla lingua, etc., non si dovrebbe come prima cosa ricordare il reale ed oggettivo carattere dell’azione misteriosa di Cristo Signore attraverso gli «eventi» della liturgia, che sono le feste successive dell’anno cristiano, che sono le «meraviglie della salvezza» rinnovate per il nostro tempo?

Dalla “Stella” una piccola luce sulle letture dell’Ufficio del Salterio odierno

Avevamo avanzato un’ipotesi che riconoscerebbe l’intervento degli ultimi due periti assegnati alla riforma delle letture dell’Ufficio in un responsorio raro e particolare (1).

Possiamo con più dati e con più probabilità offrire altra luce sul lavoro che portò al nuovo libro della Liturgia delle Ore, una luce che ci giunge, in modo indiretto, dall’Abbazia Notre Dame de l’Étoile, Nostra Signora della Stella, appunto.

In questa ricostruzione forse del tutto marginale si rende evidente però il fascino della liturgia: l’opera di Dio, la grazia che in essa fluisce si intreccia all’opera dell’uomo, che la vive e la celebra. O, in questo caso, che ne rivede i testi.

Il contesto è la fase di rielaborazione del lezionario patristico biennale, di fronte al fatto che il progetto di lezionario biblico, su cui quello era costruito, venne ridotto ad un ciclo unico. Già abbiamo accennato al pesante compito affidato ai due monaci Ashworth e Raciti, (2) benedettino il primo e cistercense il secondo. Proprio del cistercense sappiamo che studiò da vicino la figura e l’opera di un suo illustre confratello, Isacco, abate di Notre Dame de l’Étoile, conosciuto in Italia come Isacco della Stella.

4 dei suoi Discorsi sono proposti nel lezionario biennale e 4 ne compaiono nel ciclo unico pubblicato nei 4 volumi della Liturgia delle Ore. Già il fatto che sia stato conservato lo stesso numero di Discorsi segnala che la presenza di Isacco sia stata giudicata importante. Se poi confrontiamo da vicino le occorrenze, scopriremo dati più stringenti per la nostra tesi. Rimandiamo ad una tabella per le indicazioni precise (discorsi-isacco-della-stella), qui possiamo solo raccogliere le considerazioni in sintesi. Se da una parte è evidente che i due monaci dovettero fare i conti con un lezionario biblico stravolto e ridotto, e che le loro scelte furono in ragione di tale decisione – che non fu la loro -, dall’altra sembra che ad Isacco riconobbero un’autorità e un valore particolare. Il rimaneggiamento delle letture bibliche non determinò una perdita nella presenza dei Discorsi del cistercense inglese che divenne abate della Stella, quanto piuttosto una più curata occorrenza. Fu aggiunto un discorso che non era presente nel ciclo biennale, il Discorso 11, notevole per contenuto anche in se stesso; gli altri tre Discorsi trovarono nel lezionario effettivamente pubblicato nel Salterio una migliore ed efficace collocazione in rapporto alla prima lettura biblica. Questa attenzione e questa cura non possono che essere il frutto di una conoscenza e di un amore dei testi di Isacco, quale è del tutto plausibile fosse quella del Raciti. Per questa volta, una sana partigianeria ha recato beneficio a tutti: la sensibilità e la spiritualità cistercense di Isacco e di Raciti ha portato hanno davvero arricchito il lezionario universale della preghiera oraria cattolica. Non si potrà dire in questo caso, che l’opera di un perito abbia danneggiato con la sua parzialità il portato plurisecolare della tradizione. Al contrario, si mostra in modo preclaro la dinamica della liturgia cattolica, nella quale il dato umano, con la propria storia e geografia, non viene del tutto annichilito e assorbito dalla trascendenza di Dio, ma contribuisce – in modo sinergico, oserei dire – misteriosamente alla tradizione della grazia santificante.


(1) Cf. qui.

(2) Cf. qui.