Elogio della codardia ovvero quando un liturgista eccede nello zelo

Con questo brevissimo post vorremmo rendere omaggio alla mancanza di coraggio dei periti e dei Membri del Consilium; e manifestare il nostro disappunto per il tono sprezzante e sbrigativo con cui viene liquidata, in poche righe, una questione che meriterebbe ben altre riflessioni. Approfittiamo allo stesso tempo per evidenziare che le critiche alla riforma liturgica furono mosse non solo dagli ambienti cosiddetti tradizionalisti, ma pure da campi e da persone certamente non associabili a simpatie tridentine. Se possiamo permetterci di esprimere un commento personale, ci verrebbe da dire che se quella che vedremo esemplarmente appena più sotto fosse la linea degli oppositori più radicalmente progressisti, essi ci risulterebbero assai più incomprensibili rispetto a quanti non valutano positivamente la riforma del Vaticano II perché convinti dell’assoluta bontà della liturgia preconciliare. Ma passiamo al caso in questione.

Si leggeva qualche giorno fa qualche manuale a riguardo della celebrazione della Santa Famiglia. Fra il poco materiale che si è riusciti a trovare, si faceva notare Hansjörg Auf Der Maur, nel V volume de La Liturgia della Chiesa, il manuale di Scienza liturgica pubblicato da Elle Di Ci.

Questa festa affonda le sue radici nella devozione barocca della S. Famiglia (XVII sec.) e in un primo momento venne celebrata in diverse diocesi in varie date. Il dissolvimento dell’immagine tradizionale ed ecclesiastica della famiglia nel XIX sec. può essere stata l’occasione per favorire la festa. […] Nel MRom 1970 non si ebbe il coraggio di cancellare quest’idillio romantico-borghese.

H. Auf Der Maur, «Altre feste del Signore», in La Liturgia della Chiesa. Manuale di scienza liturgica, V, Le celebrazioni nel ritmo del tempo – I, Leumann (TO) 1990, 246-247.

Sinceramente non si comprende lo zelo inconoclasta: le tormentate e avventurose vicende della Santa Famiglia difficilmente sono riconducibili ad un idillio, secondo i parametri terreni. Dobbiamo confessare di non conoscere null’altro della biografia e della bibliografia del liturgista svizzero: che esperienza avrà avuto, per parlare in tal modo della famiglia?! Per di più, sia nei formulari del Messale precedente, sia in quello attuale, ci sembra di non riuscire a rintracciare quel tono romantico-borghese che viene stigmatizzato. Nel complesso, la liturgia della Santa Famiglia lascia trasparire assai bene la difficoltà, i travagli e i combattimenti della vita dei tre di Nazareth; non ne viene sublimata la vicenda, negandone asperità, fatiche e scandali (nella versione italiana della Liturgia delle Ore, l’inno delle Lodi ha un’espressione assai significativa: «O famiglia di Nazareth, esperta nel soffrire»! Altroché idillio romantico-borghese…)

Ecco, non sappiamo cosa abbia spinto Aud Der Maur ad una posizione così radicale, ma ci auguriamo per lui che nell’ora della sua morte, la Vergine Maria e san Giuseppe lo abbiano soccorso ugualmente, come chiedeva una delle preghiere che lui non apprezzava.

Quos cælestibus reficis sacramentis, fac, Domine Jesu, sanctæ Familiæ tuæ exempla jugiter imitari: ut in hora mortis nostræ, occurrente gloriosa Virgine Matre tua cum beato Joseph, per te in æterna tabernacula recipi mereamur. [Signore Gesù, fa sì che noi nutriti dei tuoi celesti Misteri, abbiamo ad imitare costantemente gli esempi della tua santa Famiglia, affinché nell’ora della nostra morte, venendoci incontro la gloriosa Vergine tua Madre insieme col beato Giuseppe, meritiamo di essere da te ammessi agli eterni tabernacoli] (Postcommunio della Festa della Santa Famiglia secondo il messale preconciliare).

Molto più equilibrato il commento di Bugnini, il quale non negando alcune difficoltà, e lasciando trasparire qualche sua riserva, è tutt’altro che intransigente:

Trattandosi di una festa di idea introdotta da Leone XII nel labirinto liturgicamente già complicato del periodo natalizio, creò non poca difficoltà sistemarla convenientemente secondo i nuovi criteri. L’effettiva celebrazione delle tre «Epifanie» (Magi, Battesimo, Cana), tenuto conto anche dei paesi in cui l’Epifania viene rimandata alla domenica seguente, non lascia più spazio per la festa della S. Famiglia, che dal lato pastorale presenta indiscutibili vantaggi e si inserisce bene, idealmente, nel clima natalizio. Furono fatte diverse proposte: nella domenica tra il 1° e il 5 gennaio, nella 3a domenica dopo l’Epifania, al 1° maggio. Prevalse, infine, la domenica tra l’ottava di Natale, perché, anche se sfasata cronologicamente, «mette in rilievo il mistero dell’Incarnazione, che introduce il Figlio di Dio nella pienezza dell’umanità nella famiglia» (Guano) e perché la festa di Natale richiama e riunisce tante famiglie attorno al focolare domestico; perciò suscettibile di opportuni sviluppi pastorali.

A. Bugnini, La riforma liturgica (1948-1975) (Bibliotheca «Ephemerides Liturgicae» «Subsidia» 30, Roma 1997, 308.

La superbia di un liturgista troppo zelante, quasi novello Erode, fa risplendere ancora di più il prezioso lavoro di periti e membri del Consilium, i quali – sicuramente nella stragrande maggioranza di essi – mai si sentirono in diritto di disprezzare quanto la tradizione aveva portato fino a loro, sebbene talora con evidenti incrostazioni. Se il coraggio di taluni coincide con il disprezzo e con il desiderio di fare all’istante piazza pulita, ben venga una santa codardia, paziente e aperta a sviluppi futuri.