Un ultimo post, veloce veloce

Abbiamo già scritto qualcosa sulla magnifica orazione colletta della messa del giorno di Natale (1).

Ora, come ultimo post del 2015, vogliamo solamente riprendere alcune cose, già dette da altri, e riassumerle in modo davvero «veloce»: la velocità è richiesta dalle ultime ore dell’anno civile; fra l’altro ci viene quasi suggerita da un dettaglio, che ci fa apprezzare ancora di più la costruzione di questo testo eucologico davvero, è il caso di dirlo, mirabile. Le due espressioni mirabiliter condidisti e mirabilius reformasti infatti hanno un cursus velox, ossia per un gioco particolare di accenti (la prima parola ha l’accento sulla terzultima sillaba mentre la seconda parola lo ha sulla penultima) il ritmo della recitazione assume una cadenza propria.

Velocemente, dunque, lasciamo spazio alla citazione che intendevamo fare, ad ulteriore commento della Colletta. Un parere condiviso attribuisce, in qualche modo, la paternità del testo al Papa san Leone Magno. In effetti, la vicinanza dei due termini conditor e reformator appare, con lo stesso senso teologico della preghiera, in un celebre testo del grande Leone, il Sermone 64 (2).  Ebbene, un altro grande Papa, Benedetto XVI, nella serie di catechesi proposte all’Udienza generale del mercoledì riguardanti i grandi Padri, presentò la figura di San Leone con un taglio assai interessante (3), e citò proprio il sermone in questione.

In particolare Leone Magno insegnò ai suoi fedeli – e ancora oggi le sue parole valgono per noi – che la liturgia cristiana non è il ricordo di avvenimenti passati, ma l’attualizzazione di realtà invisibili che agiscono nella vita di ognuno. E’ quanto egli sottolinea in un sermone (64,1-2) a proposito della Pasqua, da celebrare in ogni tempo dell’anno “non tanto come qualcosa di passato, quanto piuttosto come un evento del presente”. Tutto questo rientra in un progetto preciso, insiste il santo Pontefice: come infatti il Creatore ha animato con il soffio della vita razionale l’uomo plasmato dal fango della terra, così, dopo il peccato d’origine, ha inviato il suo Figlio nel mondo per restituire all’uomo la dignità perduta e distruggere il dominio del diavolo mediante la vita nuova della grazia.

qui il testo completo dell’Udienza (vale la pena leggerla!)


(1) cf. qui.

(2) «In hac autem ineffabili unitate Trinitatis, cujus in omnibus communia sunt opera atque judicia, reparationem humani generis proprie Filii persona suscepit: ut quoniam ipse est, per quem omnia facta sunt, et sine quo factum est nihil, quique plasmatum de limo terrae hominem flatu vitae rationalis animavit, idem naturam nostram ab aeternitatis arce dejectam amissae restitueret dignitati, et cujus erat conditor, esset etiam reformator: sic consilium suum dirigens in effectum, ut ad dominationem diaboli destruendam magis uteretur justitia rationis quam potestate virtutis».

(3) Pare che Benedetto abbia percepito una certa affinità con il suo illustre predecessore: «… (Leone) è anche il primo Papa di cui ci sia giunta la predicazione, da lui rivolta al popolo che gli si stringeva attorno durante le celebrazioni. E’ spontaneo pensare a lui anche nel contesto delle attuali udienze generali del mercoledì, appuntamenti che negli ultimi decenni sono divenuti per il Vescovo di Roma una forma consueta di incontro con i fedeli e con tanti visitatori provenienti da ogni parte del mondo». C’è da notare, infine, che durante il pontificato di Papa Ratzinger capitava assai spesso che, per lo straordinario numero di partecipanti all’Udienza del Mercoledì, alcuni gruppi di pellegrini venivano fatti accomodare in Basilica, dove il Papa rivolgeva alcune parole di saluto, prima di recarsi nell’Aula Paolo VI, strapiena di fedeli, dove teneva la catechesi, che i pellegrini in basilica ascoltavano dagli altoparlanti. Tali erano gli effetti della predicazione di Benedetto! Per paradosso, proprio in questi giorni è stata diffusa la stima del numero dei partecipanti alle Udienze tenute da Papa Francesco, che paiono diminuire….

Il Magnificat della Sacra Famiglia: uno strano caso tutto da studiare

Sono certamente sottigliezze, ma qualche biblista od omileta potrebbe risentirsi: cose strane sono successe intorno al Proprio che la liturgia delle Ore italiana propone per la Domenica della santa Famiglia.

Nonostante il lezionario preveda tre schemi di letture, secondo la triplice divisione (anno A/B/C), le antifone ai cantici evangelici dei Vespri (primi e secondi) si concentrano solamente su di una delle tre pagine evangeliche, ossia il racconto lucano dello smarrimento di Gesù e il ritrovamento fra i dottori del tempio. Primi vespri: «I genitori di Gesù lo cercavano tra parenti e conoscenti; ma il fanciullo era rimasto a Gerusalemme»; Secondi vespri: «Figlio, perché hai fatto questo? Con ansia io e tuo padre ti abbiamo cercato. Perché cercarmi? Non sapete che devo dedicarmi alle opere del Padre mio?» (1).

Il curatore dell’edizione italiana si è qui discostato dall’edizione tipica latina: infatti, la Liturgia Horarum riporta le consuete triplici antifone, che nel caso di quest’anno (anno C) così recitano:

Primi vespri: «Remansit puer Iesus in Ierusalem, et non cognoverunt parentes esius existimantes illum esse in comitatu, et requirebant eum inter cognatos et notos»; Lodi: «Fili, quid fecisti nobis sic? Ecce pater tuus et ego dolentes quaerebamus te. Quid est quod me quaerebatis? Nesciebatis quia in his quae Patris mei sunt, oportet me esse?»; Secondi Vespri: «Descendit Iesus cum eis et venit Nazareth et erat subditus illis. Et Mater eius conservabat omnia verba in corde suo».

Un cambio non da poco. Una riduzione che forse quest’anno non si sarà notata eccessivamente perché le antifone concordavano con il lezionario, ma che comunque sembra assai discutibile: piacerebbe che potesse esserci spiegata e giustificata. Inoltre viene cambiato l’ordine delle antifone: abbiamo nei secondi vespri italiani il testo che nell’edizione tipica era indicato come antifona al Benedictus. E c’è dell’altro!

Il curatore della versione italiana si è preso un’altra libertà, anch’essa alquanto strana: ha anticipato l’Io della Vergine Maria, facendo precedere la di lei angoscia a quella di san Giuseppe.

Il testo evangelico – e con esso il testo dell’originale antifona latina – recita: «Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48); invece la versione italiana dell’antifona soprendentemente dice: «Con ansia io e tuo padre ti abbiamo cercato» (2).

Che dire? Parrà poca cosa, ma si tocca qui forse un tratto profondo della sensibilità femminile e materna: la Vergine Maria, come una buona ed umile madre, ha messo avanti i sentimenti del padre, a lui riconoscendo l’autorità e allo stesso tempo mediando, come una madre sa fare, la comunicazione fra il padre e il figlio. Questo tocco geniale di Luca, corrispondente alla realtà di sane ed equilibrate dinamiche familiari, si perde, nell’inversione che il traduttore sceglie di fare. Forse si voleva mettere in risalto la figura della Madonna? Forse si tratta di un lapsus incosciente e innocente?

Sarebbe davvero curioso e divertente saperne di più: sembra che in questo caso, più di altri, si possa notare l’influsso della personalità del traduttore (una religiosa? un religioso appartentente a qualche ordine legato particolarmente alla Madonna? etc…). Purtroppo non sappiamo con certezza chi sia stato (o stata?) il curatore di questo segmento della Liturgia delle Ore italiana. Qualche lettore vorrà aiutarci nel trovare qualche una pista da seguire?

Perlomeno, si converrà che i testi della liturgia offrono sempre spunti curiosi, anche se talvolta sono i più disparati.

P.S. Anche Papa Francesco sembra non dare peso alla delicatezza materna e sponsale della Vergine Maria, che menziona prima il marito Giuseppe (tuo padre ed io…): nell’omelia pronunciata per il giubileo delle famiglie, ha detto: «Per questa sua “scappatella”, probabilmente anche Gesù dovette chiedere scusa ai suoi genitori. Il Vangelo non lo dice, ma credo che possiamo supporlo. La domanda di Maria, d’altronde, manifesta un certo rimprovero, rendendo evidente la preoccupazione e l’angoscia sua e di Giuseppe (qui l’omelia integrale)». Ma non pare che il Papa volesse fare un’esegesi aderente al testo: non possiamo credere che si possa interpretare quel mistero della vita di Cristo come una scappatella! (per un commento più articolato, cf. qui).


(1) Completamente al di fuori dalla consuetudine è pure l’antifona al Benedictus, che invece di riprendere letteralmente o per allusione qualche frase evangelica del lezionario del giorno, sembra riferirsi allo stesso Benedictus: «Illuminaci, Signore, con l’esempio della tua famiglia; guida i nostri passi sulla via della pace».

(2) Altre versioni si mantengono fedeli. Inglese: Son, why have you done this to us? Think what anguish your father and I have endured looking for you. But why did you look for me? Did you not know that I had to be in my Father’s house?; il francese sintetizza i due soggetti (tuo padre ed io) nel plurale noi: Pourquoi nous as-tu fait cela? Nous te cherchions tout angoissés. Pourquoi me cherchiez-vous? Il me faut être chez mon Père.

Una notte di luce, per un giorno di nuova meraviglia

E’ incredibile come la liturgia riesca a mantenere, per chi voglia leggerli, significativi indizi e legami. Persistenti, probabilmente,  oltre le intenzioni degli autori. Ad esempio, il legame teologico fra la celebrazione del Natale e della Pasqua è evidente anche a livello letterario, grazie a piccoli dettagli. Vediamone alcuni.

La colletta della Messa della notte definisce la notte stessa come «sacratissimam», fatta splendente dal fulgore della vera luce. Lo stesso superlativo lo troviamo nella colletta della Veglia Pasquale, con il medesimo contesto di luce e di gloria.

Ecco i due sintagmi dell’amplificazione dell’invocazione (ossia la frase, normalmente relativa, che segue il vocativo Deus:

Natale: Deus, qui hanc sacratissimam noctem veri luminis fecisti illustratione clarescere,…

[O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra lo contempliamo nei suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo]

Pasqua: Deus, qui hanc sacratissimam noctem gloriae dominicae resurrectionis illustras,…

[O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo; Dio, che illumini questa santissima notte con la gloria della risurrezione del Signore]

Natale e Pasqua, analoghe notti di luce, dunque.

Le assonanze, tuttavia, non finiscono davvero qui. Passando alla colletta della Messa del giorno, degno di nota è il parallelismo costituito dai due avverbi mirabilitermirabilius: «Deus, qui humanae substantiae dignitatem et mirabiliter condidisti et mirabilius reformasti,…» [O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti,…]

Troviamo analogo parallelismo anche nell’eucologia della Veglia pasquale, nelle orazioni dopo la prima lettura della creazione. Se si legge la forma breve del testo della Genesi, nell’orazione indicata ci sono le due forme avverbiali: «Deus, qui mirabiliter creasti hominem et mirabilius redemisti,…» [O Dio, che in modo mirabile ci hai creato a tua immagine e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti…]; ma lo stesso concetto teologico è ben presente anche nell’orazione proposta dopo la lettura lunga – come dovrebbe essere – della creazione, anche se in tale orazione è presente solo la forma aggettiva mirabilis: «…Deus, qui es in omnium operum dispensatione mirabilis,…» [Dio…ammirabile in tutte le opere del tuo amore, illumina i figli da te redenti perché comprendano che, se fu grande all’inizio la creazione del mondo, ben più grande (excellentius), nella pienezza dei tempi, fu l’opera della nostra redenzione, nel sacrificio pasquale di Cristo Signore..].

La luce sfolgorante nella notte apre dunque alla contemplazione stupefatta dell’opera di Dio, che segna un nuovo inizio nel suo disegno salvifico. E’ Lui il protagonista (1), è Lui che torna ad agire, in Cristo e nella liturgia della Chiesa, e tale azione , mirabile e poi ancor più mirabile, sorprende, fa stupore, desta meraviglia: d’altronde, il suo nome è Meraviglia (cf.qui)!

Che le celebrazioni del Natale ci aiutino, illuminandoci, perché possiamo entrare stupefatti nella contemplazione dalla condiscendenza divina manifestata nel Natale: rapiti da questo amore, potremo passare di meraviglia in meraviglia, seguendo in tutto il volere benevolo di Dio!

Buon Natale!

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(1) Ad una rapidissima analisi, sembrerebbe che il lessema mirabil- nel Messale sia usato solo in espressioni in cui Dio è il soggetto. Di esso solo, del suo essere e del suo operare, delle sue azioni, si può dire che è mirabile o che opera mirabilmente. A Dio solamente si riconosce la proprietà di essere ammirevole fino allo stupore. Azzardando un’analogia inconsueta e non verificata, viene in mente qui l’uso di alcuni verbi che l’ebraico veterotestamentario riserva per Dio come loro unico soggetto (creare, perdonare). Ci sarebbe da approfondire….

Un altro regalo!

Abbiamo da poco commentato la notizia della futura pubblicazione on line della rivista Notitiae, che sarà gratuitamente accessibile, titolando il breve post di commento “La Congregazione per il Culto Divino ci fa un regalo”: (post precedente). Ebbene, siamo vicini ormai al Natale, ed il nostro blog riceve un altro significativo regalo, che condividiamo con i lettori, specialmente con quanti possono leggere il tedesco.

Dalla Germania, infatti, ci hanno fatto pervenire la recensione di uno dei nostri studi, La Parola della Riconciliazione (cf. qui), pubblicato sulla Collana Studia Anselmiana. La recensione è apparsa sulla prestigiosa rassegna bibliografica Archiv far Liturgiewissenchaft 

L’amico che ci segnala la recensione ce ne riassume il contenuto: giudizio molto positivo (gran diligenza, buona presentazione, punto di partenza per futuri studi).

Che dire, se non ringraziare per questo regalo inaspettato? Ma è pur vero che siamo a Natale, per cui i regali non dovrebbero essere così inaspettati.

Buona novena di Natale!

M.F.

Recensione in tedesco

La gioia nell’Avvento: non c’è solamente la Domenica gaudete. Rilievi intorno alla II antifona domenicale.

Due domeniche fa la nostra curiosità era attratta da un dettaglio particolare dell’Antifona d’Ingresso, ma non avevamo potuto – e neanche oggi lo possiamo, per la verità – approfondire meglio la questione. Avevamo buttato giù qualche riga, ma poi abbiamo soprasseduto.

Tuttavia, dopo aver pregato l’Ufficio delle Letture di quest’oggi, martedì della III settimana di Avvento, ci sono tornate immediatamente alla mente quelle riflessioni, che condividiamo con i lettori del blog, in attesa di poter essere più precisi; può darsi, probabilmente, che qualche lettore possa suggerirci risposte che noi non sappiamo dare ora.

Vediamo.

Anche per la II domenica di Avvento, il Messale di Paolo VI eredita dalla tradizione precedente l’antifona di Introito.

Sul web si trovano alcuni spunti interessanti, fra i quali segnaliamo i seguenti:

Nonostante il contenuto dei testi citati sia assai apprezzabile, sembra che rimanga insoluta una questione: l’ultima parte dell’antifona non si capisce da dove salti fuori! Quel «per la gioia del vostro cuore» (nel testo latino «in laetitia cordis vestri») non si trova nei versetti biblici indicati come riferimenti testuali (il Messale italiano indica «Cfr. Is 30,19.30»); così, in effetti, la lettera della Scrittura:

Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di aiuto di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta.[…] Il Signore farà udire la sua voce maestosa e mostrerà come colpisce il suo braccio con ira ardente, in mezzo a un fuoco divorante, tra nembi, tempesta e grandine furiosa.

Da cui l’antifona:

Popolo di Sion, il Signore verrà a salvare i popoli e farà sentire la sua voce potente per la gioia del vostro cuore. [Populus Sion, ecce Dominus veniet ad salvandas gentes: et auditam faciet Dominus gloriam vocis suae, in laetitia cordis vestri]

Da dove dunque la «gioia del cuore»? Non sappiamo qui offrire una risposta convincente e documentata. Ci limitiamo a segnalare che al versetto 29 del capitolo 30 di Isaia, quindi immediatamente prima del versetto da cui l’antifona prende il riferimento alla voce del Signore, si dice: «Voi innalzerete il vostro canto come nella notte in cui si celebra una festa; avrete la gioia nel cuore [(erit vobis) … laetitia cordis] come chi parte al suono del flauto, per recarsi al monte del Signore, alla roccia di Israele».

La liturgia, nel tempo di Avvento, si prende la libertà di scomporre e ricomporre più volte il capitolo 30 del libro di Isaia. Il martedì della III settimana, ad esempio, la prima lettura dell’Ufficio riporta, nella sua prima parte, i versetti 27-33, unendoli ai versetti 4-9 del capitolo 31 (si forma così una certa unità tematica fra due brani “contro l’Assiria”). Quindi ritroviamo l’espressione «avrete la gioia nel cuore», ripresa pure nel relativo responsorio: «V. Innalzerete il vostro canto come in una notte di festa; avrete la gioia del cuore».

Che la gioia del cuore dell’Antifona venga da lì? Comunque sia, si tratta di una citazione non letterale, di fronte alla quale rimaniamo un pò incerti. Ma questa è la bellezza della libertà di cui gode la liturgia!

La Congregazione per il Culto Divino ci fa un regalo!

Il fascicolo 581-586 della rivista ufficiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti annuncia una grande novità: dal 2016 Notitiae diventerà una rivista soltanto online: pubblicata in formato pdf sul sito della Congregazione, sarà gratuitamente scaricabile!

Ancora più interessante, e da apprezzare moltissimo, il progetto di rendere disponibile online l’intera collezione!

Ci viene preannunciato, dunque, un regalo inaspettato e prezioso. Rimane tuttavia l’attesa, sia per il volume del 2016 (che sarà annuale ed unico: quando uscirà?), sia per l’eventuale inizio della pubblicazione online dei fascicoli arretrati.

Un’iniziativa per cui essere davvero riconoscenti, ma – crediamo – da incoraggiare e sostenere.

La nota editoriale posta all’inizio del citato numero termina in questo modo:

E’ in progetto di rendere disponibile online l’intera collezione di Notitiae.

It is planned to make the whole collection on Notitiae available online eventually.

Está en proyecto colocar en internet toda la colección de Notitiae.

Le projet de rendre disponible “en ligne” toute la collection de Notitiae est à l’étude.

Converrà, per dimostrare il nostro interesse e la nostra attesa per tale fatica editoriale, inviare una mail di apprezzamento e ringraziamento?

Per quanti volessero, abbiamo preparato un semplicissimo modello di una mail da copiare e inviare alla Congregazione, perché tale progetto possa effettivamente compiersi al più presto.

L’indirizzo di posta elettronica della Congregazione è cultdiv@ccdds.va

All’attenzione di Sua Eminenza Rev.ma Card. Robert SARAH,
per conoscenza all’attenzione di Sua Eccellenza Rev.ma mons. Arthur Roche,
personale tutto della Congregazione

Nel fascicolo 581-586 della rivista ufficiale di codesta Congregazione [Notitiae 51 (2015) 1-2] si dà l’annuncio del progetto di rendere disponibile online l’intera collezione di Notitiae.
Con la presente si vuole manifestare vivo apprezzamento per tale iniziativa, che permetterà agli studiosi e ai cultori della sacra Liturgia di accedere a preziosissimo materiale bibliografico.
A quanti opereranno per tale fatica editoriale si esprime già da ora un sentito ringraziamento e un affettuoso incoraggiamento, perché quanto prima si possa procedere a tale opera meritoria.

Con rispettoso ossequio,

Un grande Convegno sul Vaticano II, piccole osservazioni

Si è svolto nel giorni scorsi, a Roma, il Convegno Internazionale di Studi Il Concilio Vaticano II e i suoi protagonisti alla luce degli Archivi, su iniziativa del Pontificio Comitato di Scienze Storiche in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II dell’Università Lateranense.

Dobbiamo premetterlo per onestà: non abbiamo seguito tutte le relazioni in programma, né partecipato a tutte le sessioni. Con questa professione di parzialità e di incompletezza, ci possiamo permettere di esprimere alcune considerazioni.

I partecipanti: oltre ai numerosi relatori, i convegnisti “esterni” non sembravano molti. In effetti, il tenore delle conferenze era altamente specializzato e forse non per tutti attraente; dispiace, comunque, che un Convegno dalle premesse così interessanti, debba poi essere vissuto come un’esperienza di una cerchia ristretta di ricercatori, storici e addetti ai lavori.

Dispiace ancor di più registrare che Sacrosanctum Concilium e le idee in essa concentrate paiono non rappresentate né trattate, in un assise di così alto livello.

Riconosciamo che il taglio del convegno fosse altro e non piuttosto concentrato sulle tematiche generali, ma crediamo pure che fra quanti prepararono e portarono ad approvazione la Costituzione liturgica vi fosse qualcuno meritevole di essere citato fra i «protagonisti» del Concilio.

Nuovi spunti e idee dal punto di vista metodologico non sono certamente mancate, e c’è sempre da apprendere da un consesso di ricercatori internazionali; però un liturgista si sarebbe aspettato di più.  Rimane  inoltre la possibilità di consultare poi la pubblicazione integrale delle relazioni, visto che il ritmo incalzante delle sessioni ha obbligato i relatori ad ampi salti nelle loro presentazioni. E così, anche per l’unico intervento che nel titolo professava esplicitamente l’attenzione alla liturgia, è rimasta alquanto generica, almeno per le nostre aspettative: la domanda che soggiaceva alla relazione era davvero interessante e stimolante, ma per una risposta precisa ed esaustiva siamo rimandati al testo completo, che speriamo presto sia disponibile. La relazione di Maria Teresa Fattori aveva come titolo: «Liturgia e gesti simbolici nel Concilio Vaticano II. I progetti del Cerimoniale e le proposte dei Padri conciliari».

Può essere utile riportare un brano di un intervista ad uno dei responsabili organizzativi del Convegno, il Prof. Philippe Chenaux, pubblicata su un sito di informazione vaticana.

Le interpretazioni storiografiche hanno caratterizzato i primi cinquant’anni dalla fine del Vaticano II. Discontinuità o riforma: è possibile guardare oltre le “classificazioni” storiche?
“La sfida più impegnativa che si pone allo storico a livello dell’interpretazione dell’evento conciliare, è quella del cambiamento di maggioranza tra l’inizio e la fine della concilio. Per spiegare questa «inversione di tendenza», senza cadere nella trappola dell’ipotesi complottistica, il ricorso alla categoria dell’“esperienza conciliare” appare fondamentale. Come i padri conciliari hanno vissuto il concilio? Quale è stata la loro esperienza personale dell’evento? In quale misura questa esperienza conciliare ha condizionato il loro modo di concepire la Chiesa, il loro modo di essere vescovo? Bisogna parlare di una semplice “evoluzione”, oppure di una vera e propria “conversione”? Il poter documentare questi passaggi, attraverso lo studio attento e rigoroso delle fonti a disposizione, rappresenta sicuramente uno dei compiti più interessanti della ricerca storica attuale sul concilio. La risoluzione del grande “enigma interpretativo” (“che cosa è successo nel Vaticano II?”) passa attraverso la ricostruzione precisa e meticolosa dell’attività dei suoi protagonisti. Solo così la ricerca storiografica sul concilio potrà compiere un ulteriore passo in avanti”. (dall’intervista a Ph. Chenaux pubblicata su un sito online di informazione vaticana: qui)

In effetti, a proposito della questione liturgica si può dire che non vi fu, almeno macroscopicamente, quella evoluzione e conversione dei padri conciliari che si verificò su altre tematiche. Il dibattito sullo schema di costituzione liturgica non vide scontri e riformulazioni testuali così rilevanti come per altri schemi (De Ecclesia, De fontibus, etc.). Che l’idea e  la necessità di una riforma della liturgia fosse condivisa e generalizzata lo si vede già dalle risposte dei vescovi al questionario della fase antepreparatoria.

Se lo scopo del Convegno era quello di stimolare la ricerca sul cambiamento di maggioranza tra l’inizio e la fine del Concilio, si può allora comprendere e giustificare una mancanza di attenzione alla questione liturgica e ai suoi protagonisti. Comunque ci pare un deficit non perdonabile. Ma, lo ripetiamo, il nostro è un giudizio parziale e modestissimo; anche se convinto, rimane del tutto aperto al ravvedimento.

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La Conferenza stampa di presentazione del Convegno. Da sinistra, il prof. Ph. Chenaux e p. Bernard Ardura, con il portavoce della sala stampa vaticana.

Gli astri ambrosiani sono più eleganti?

Ci eravamo già occupati della lettera dell’inno dei Vespri della prima parte del tempo di avvento (qui). Possiamo aggiungere, per chi lo creda interessante, un altro dato: in lingua italiana, oltre alla versione ufficiale della Liturgia delle Ore, esiste una seconda versione, anch’essa approvata ufficialmente. Si tratta della traduzione ad opera dei curatori della Liturgia delle Ore ambrosiana.

Non ci addentriamo in argomentazioni di critica letteraria. Notiamo alcune note macroscopiche. Innanzitutto questa versione conserva il numero di strofe dell’originale. Anche le metafore e le immagini dell’antico inno sono mantenute (cf., ad es., l’immagine dello sposo che esce dalla stanza nuziale, oppure l’idea della «sera del mondo»). Il testo, infine, risulta assai più lirico.

Riportiamo, a commento, alcune parole assai autorevoli, appartenendo esse ad uno dei periti che prepararono la liturgia delle Ore per il rito ambrosiano: «il canto si apre con’esaltazione della clemenza di Cristo che, provando compassione (condolens) per la triste sorte del mondo, lo ha pietosamente sottratto al destino di morte, a cui il suo peccato lo aveva assegnato e gli ha elargito il rimedio del perdono. […] E qui non è difficile convenire che l’elegante versione italiana abbia alquanto ingentilito il testo latino, che, pur con qualche bel verso, non si distingue per eccessiva bellezza. […] Così, all’accendersi della memoria della prima venuta del Signore, il pensiero corre al suo secondo e definitivo avvento: l’anima diviene vigile, ma non si lascia vincere dall’angoscia, dal momento che la nostra sorte ha toccato il cuore del Figlio di Dio» (1).

Quale sia il testo più riuscito non vorremmo dirlo noi: non si tratta di portare argomenti per una diatriba fra Roma e Milano. Tuttavia fa un certo effetto pensare a due traduzioni italiane, così – per certi versi (!) – differenti, ma entrambe approvate dall’Autorità. Ci pare comunque una ricchezza.

Ma, infine, ecco il testo in questione.

Tu che la notte trapunti di stelle
e di luce celeste orni le menti,
Signore che tutti vuoi salvi,
ascolta chi ti implora!

L’acerba sorte dell’uomo
ha toccato il tuo cuore:
sul mondo sfinito rinasce
il fiore della speranza.

Al vespro volge la storia del mondo;
tu, disposando l’umana natura
nell’inviolato grembo di una vergine,
sei venuto a salvarci.

Compassionevole, tu sei Signore,
ogni cosa a te piega il ginocchio:
il cielo e la terra adoranti
confessano il tuo dominio.

E quando scenderà l’ultima sera,
santo e supremo Giudice, verrai:
oh! non lasciare in quell’ora al Maligno
chi si è affidato a te!

A te cantiamo gloria,
o Cristo, Re pietoso,
con il Padre e lo Spirito
nella distesa dei secoli. Amen.

Per un confronto sinottico fra le due versioni italiane con il testo tipico latino, cf. Tabella comparativa Conditor alme siderum

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(1) I. Biffi, Liturgia, Sacramenti, Feste, Milano 2015, 420-421.