“La Costituzione vuole…”. Anche gli insospettabili inciampano sull’ermeneutica di Sacrosanctum Concilium

Spesso si è accusata una parte o un’altra di dedurre dal testo conciliare sulla liturgia quanto il testo di per sé non dice o non suggerisce. E’ un rischio reale, ed occorre la massima vigilanza per non interpretare un testo normativo alla luce della propria e particolare sensibilità, che pure deve esserci, senza che però ecceda fino a confondersi con il testo stesso, non distinguendo più quanto è autorevolmente stabilito dal Concilio e quanto si potrebbe suggerire e auspicare a partire dalla propria visione delle cose. Capita anche su questioni generalmente apprezzate, come il maggior spazio riconosciuto alla Parola di Dio, che poi si introducano elementi che di per sé sarebbero estranei al testo. Si deve riconoscerlo, anche se a farlo è il Segretario della Commissione Conciliare.

«Uno dei punti più importanti della Costituzione è stata la rivalutazione della Parola di Dio. Il P. Antonelli accenna alle ragioni storiche di un atteggiamento diffidente verso la Bibbia e offre alcune indicazioni pratiche desumendole dal testo liturgico in esame: ‘Reazione post-tridentina ai Protestanti, con una sottovalutazione della Sacra Scrittura nella vita liturgica. Si era giunti al punto di proibire le traduzione del Messale. Le prime traduzioni risalgono alla seconda metà del secolo scorso. La liturgia è intessuta di Sacra Scrittura. La Costituzione vuole:

1. Che si siamo ampie pericopi scritturali nella Messa (art. 51) e nell’Ufficio Divino (art. 90a), anzi in tutte le celebrazioni liturgiche (art. 35,1);

2. obbligatoria l’Omelia, come parte dell’azione liturgica (art. 52);

3. le celebrazioni della Parola di Dio (art. 35,4). Utili, come devono essere fatte. Chiuderle con la benedizione eucaristica…”» (1).

Non vogliamo davvero mettere in dubbio la buona volontà dell’Antonelli, nel cercare di concretizzare alcune delle indicazioni che il testo della Sacrosanctum Concilium offre. Tuttavia appare una forzatura raccogliere sotto l’espressione «La Costituzione vuole» l’ultima parte del punto 3: «Chiuderle (le celebrazioni della Parola di Dio) con la benedizione eucaristica».

Ricordiamo cosa dice la lettera dell’articolo 35,4: «Si promuova la sacra celebrazione della parola di Dio nella vigilia delle feste più solenni, in alcune ferie dell’avvento e della quaresima, nelle domeniche e nelle feste, soprattutto nei luoghi dove manca il sacerdote; nel qual caso un diacono o altra persona delegata dal vescovo dirigerà la celebrazione». La storia della redazione della Costituzione ci testimonia che il paragrafo 4 non era nella versione dello schema di Costituzione distribuito ai Padri all’inizio della fase sinodale. L’aggiunta di tale paragrafo fu chiesta da due vescovi, entrambi del Sud America, che citano il caso di comunità in cui la presenza del sacerdote è resa difficile dalla vastità delle zone di missione e dalla scarsità di clero (2). Non pare che nei loro interventi venga esplicitata la benedizione eucaristica a chiusura della celebrazione; il senso dei loro discorsi è, più in generale, un apprezzamento del valore della Parola di Dio nella formazione della fede e nella conoscenza della rivelazione cristiana, e quindi dell’efficacia pastorale di una celebrazione della Parola specialmente laddove la presenza e l’opera dei sacerdoti è non è molto frequente.

Tale proposta venne recepita dalla Commissione Conciliare, che la presentò fra gli emendamenti proposti in vista dell’approvazione definitiva della Costituzione.

Non abbiamo controllato riga per riga la mole di documentazione che raccoglie tutti gli interventi dei Padri conciliari, e quindi siamo aperti a rettifiche che ci saranno eventualmente segnalate, tuttavia da altri indizi e riscontri possiamo ritenere che il tema della benedizione eucaristica finale non fu sollevato in aula conciliare né in seno alla Commissione.

Forse a noi oggi pare curioso, ma fece più difficoltà una questione terminologica: nei due interventi citati si usano espressioni come «speciali Liturgia Verbi», «Liturgia Verbi Dei», «Liturgica celebratio verbi Dei». A questo modo di parlare si oppose, tramite un intervento scritto, un altro vescovo: «Questa sacra celebrazione della parola di cui si parla mi piace quanto alla sostanza ma per nulla quanto al nome, perché presso i fedeli il significato di questo termine “celebrazione” può originare qualche confusione. Forse è meglio parlare di “actio paraliturgica” o “Rito della Parola”» (3). Se ne discusse in Commissione, e Giampietro di offre una sintesi di tale questione: «Mons. Calewaert, Preside della VI Sottocommissione per l’esame dei nn. 16-31 del I cap., prosegue la lettura della relazione del n. 20 in poi. Tutti gli emendamenti proposti dalla Sottocommissione vengono approvati all’unanimità. Al n. 25 (testo emendato: 27) la Sottocommissione propone l’aggiunta di un paragrafo relativo alla celebrazione della Parola di Dio, le cosiddette veglie bibliche. Viene fatta l’obiezione prima dal Card. Jullien e poi dal Segretario alla parola “liturgica” aggiunta: “liturgico” è proprio solo di ciò che è contenuto nei libri liturgici, il resto è da includersi nei “pia exercitia“. Anche sulla soppressione della parola “liturgica”, sostituita con “sacra” la Commissione si trova concorde» (4).

Non c’è traccia dunque della questione della benedizione eucaristica finale. Che pare una più che legittima e, da un certo punto di vista, ragionevole proposta. Ma che deve essere iscritta a p. Antonelli e non alla Costituzione, né alla sua lettera né al suo spirito. Davvero curioso che il paragrafo citato all’inizio sia parte di un testo che ha come titolo: La Costituzione liturgica nella lettera e nello spirito (5)!! E la forzatura ermeneutica, in questo caso, non è ascrivibile alla parte che è generalmente accusata di tale peccato!

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(1) N. Giampietro, Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970 (Studia Anselmiana 121, Analecta liturgica 21), Roma 1998, 210.

(2) Furono i vescovi G. Kremer (Posada, Argentina), il cui testo scritto fu controfirmato da altri 4 vescovi, e A. Devoto (Goya, Argentina): cf. Acta Synodalia I/1, Città del Vaticano 1970, 520-522.525

(3) cf. Acta Synodalia II/V, Città del Vaticano 1973, 855.

(4) Giampietro, Il Card. Ferdinando Antonelli…, 122.

(5) F. Antonelli, La Costituzione liturgica nella lettera e nello spirito, lezioni di liturgia, 8 settembre 1964: citato in Giampietro, Il Card. Ferdinando Antonelli…, 208ss.

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