Non è un pastore terreno, ma celeste, e questa parabola non presenta vicende umane, ma adombra misteri divini…Vedete che questo pastore ora si è addolorato per la perdita di una sola pecora come se tutto il gregge si fosse sviato e così, lasciate le novantanove pecore, una sola insegue, una sola ricerca, per ritrovare tutte in quell’unica e redimere tutte in quella sola. Ma ormai è tempo che spieghiamo il senso recondito della divina parabola.
Quell’uomo che aveva cento pecore è Cristo, il pastore buono, il pio pastore che in Adamo, come in un’unica pecora, aveva compreso tutto il gregge del genere umano, e l’aveva collocato tra i prati del paradiso nei pascoli della vita; ma quella dimenticò la voce del pastore e prestò fede agli ululati dei lupi; perdette così gli ovili della salvezza fu tutta ferita da piaghe mortali. Venendo Cristo a cercarla in terra, la trovò nel seno di un campo verginale. Venne nella carne della sua nascita, e innalzandola sulla croce la prese sulle spalle della sua passione; e pieno di gioia per il gaudio della risurrezione (1), ascendendo al cielo la trasportò fino alla sua dimora. E chiamò gli amici e i vicini, cioè gli angeli, e disse loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta”. Gli angeli si congratulano e gioiscono con Cristo per il ritorno della pecora del Signore, né si sdegnano vedendola presiedere dal trono della maestà; poiché l’invidia era già stata bandita dal cielo insieme al diavolo, a causa dell’Agnello che ha cancellato il peccato del mondo, né il peccato dell’invidia poteva più penetrare nei superni tabernacoli. Fratelli, cerchiamo in cielo colui che ci ha cercato sulla terra. (San Pietro Crisologo, Discorso 168.)
(1) Una suggestiva rilettura liturgica del contenuto pasquale di questa parabola si trova nel Missale gothicum: fra i testi eucologici della veglia pasquale si legge infatti «Haec est enim nox illa….nox, in qua inventa est dracma quae perierat, nox, in qua boni pastori humeris reportata est oves perdita» (270). Risalta immediatamente la vicinanza alla tipica espressione del Preconio pasquale latino: «Haec nox est», «questa è la notte…». Avevamo già scritto qualcosa a proposito qui e qui.