Dobbiamo fare una premessa a quello che diremo. E’ stato proprio un padre gesuita a metterci la pulce nell’orecchio, facendoci notare che parrebbe una contraddizione in termini un gesuita appassionato e cultore di liturgia.
Si tratterebbe pertanto di un retaggio che va al di là della personale sensibilità o interesse: il fatto che Papa Francesco citi, nella sua predicazione, così di rado testi e gesti della liturgia potrebbe essere dovuto anche alla sua formazione e appartenenza all’ordine dei Gesuiti. Papa Benedetto ci aveva abituati diversamente: spesso le sue omelie iniziavano con qualche citazione tratta dalla liturgia del giorno (Antifone, Sequenze, etc.).
Come in tutte le cose, anche in questa generalizzazione ci sono alcune eccezioni significative (1). Abbiamo trovato assai interessante la citazione che Bergoglio propone nell’omelia per la Solennità del Corpus Domini, il 4 giugno 2015, in cui sceglie come impianto del suo argomentare «un testo molto bello della liturgia» del giorno, il Responsorio della seconda lettura dell’Ufficio. L’intera composizione della liturgia della solennità è senza dubbio un gioiello finemente impreziosito da numerose gemme. Una di queste, appunto, è il responsorio che segue il brano di San Tommaso d’Aquino: alcune frasi del Sermone 228 B di sant’Agostino vengono usate come tessere di un mosaico davvero splendente.
Riconoscete in questo pane, colui che fu crocifisso; nel calice, il sangue sgorgato dal suo fianco. Prendete e mangiate il corpo di Cristo, bevete il suo sangue: poiché ora siete membra di Cristo. Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto.
Francesco sceglie di soffermarsi su due espressioni, le due finalità espresse al negativo: non disgregarsi, non svilirsi. Quindi offre la sua personale attualizzazione di tale parole. Di certo la versione italiana non lo aiuta ad esprimere il concetto che intendeva esprimere il Santo di Ippona, che, fra l’altro, il Papa non menziona. L’originale latino riporta infatti: ne vobis viles videamini potrebbe essere reso meglio con per non considerarvi da poco. Siamo nell’ambito della stima di sé, di quanto ci si valuti: svilirsi nel senso di svalutarsi, non apprezzarsi per quanto siamo stati invece stimati da Dio, meritevoli della redenzione mediante il sacrificio del Figlio. Francesco preferisce sottolineare un secondo aspetto: svilimento come annacquamento dell’identità cristiana, ridursi ad una vita mediocre….
che cosa significa oggi per noi “svilirci”, ossia annacquare la nostra dignità cristiana? Significa lasciarci intaccare dalle idolatrie del nostro tempo: l’apparire, il consumare, l’io al centro di tutto; ma anche l’essere competitivi, l’arroganza come atteggiamento vincente, il non dover mai ammettere di avere sbagliato o di avere bisogno. Tutto questo ci svilisce, ci rende cristiani mediocri, tiepidi, insipidi, pagani (2).
Questa tuttavia non è la sola interpretazione che Bergoglio ha offerto del testo del responsorio: già come Arcivescovo di Buenos Aires aveva utilizzato quell’espressione, seppure con un’altra attualizzazione:
Beviamo il Sangue di Cristo! E’ il nostro prezzo, per non svalutarci, per non deprezzarci. Che bel modo di sentire e gustare l’Eucaristia! Il sangue di Cristo, quello che ha sparso per noi, ci fa vedere quanto valiamo. Noi di Buenos Aires a volte sbagliamo a valutarci: dapprima ci crediamo i migliori del mondo e subito dopo passiamo all’autodisprezzo, a sentire che in questo Paese non ce la si fa, e così andiamo da un estremo all’altro. Il sangue di Cristo ci dà la vera autostima, l’autostima nella fede: agli occhi di Gesù Cristo valiamo molto. Non perché siamo meglio o peggio rispetto agli altri popoli, ma perché siamo stati e siamo molto amati; è per questo che valiamo. (3)
Dobbiamo dire che la seconda attualizzazione, quella argentina, ci convince maggiormente, così come apprezziamo il fatto che la citazione del testo liturgico sia stata esplicitamente attribuita all’estensore originale: l’espressioni di sant’Agostino non anonime, come invece accade per il testo dell’omelia pronunciata da Bergoglio, ormai Papa Francesco, il 4 giugno 2015. In quest’ultimo caso registriamo almeno una correzione positiva: il testo è indicato per quello che è, un responsorio, e non come avvenne nella capitale argentina, laddove Bergoglio disse che si trattava di un’antifona. Ma tutto sommato queste sono sottigliezze anche per un non gesuita!
(1) Confessiamo di non seguire con attenzione ogni omelia di Papa Francesco, per cui altri esempi potrebbero esserci sfuggiti.
(2) cf. l’intero testo qui.
(3) Omelia nella Solennità del Corpo e Sangue del Signore, Buenos Aires 25 giugno 2011, in J.M. Bergoglio, Nei tuoi occhi è la mia parola. Omelie e discorsi di Buenos Aires 1999-2013, Milano 2016.