La libertà della liturgia e la libertà dei traduttori italiani

Ci si perdoni se trattiamo qui di dettagli tutto sommato marginali: non vorremmo essere pedanti e scrupolosi. Siamo però rimasti colpiti, pregando e ruminando alcuni testi della liturgia del fine settimana passato (1), dal corpus delle antifone, minori e maggiori, del breviario italiano. Senza prenderci troppo sul serio e senza pretendere consensi, ma quasi a modo di battuta, in una delle antifone in questione si può trovare esplicitato, in un lapsus forse inconscio, l’atteggiamento dei traduttori italiani: si sono sentiti liberi! In effetti, quando si confronta il testo italiano «Il tuo sangue, o Cristo, agnello senza colpa, è il prezzo della nostra libertà» con quello originale latino «Redempti sumus sanguine agni immacolati Christi», non si può non pensare che abbiano preso proprio sul serio la libertà che Cristo ci ha conquistata!

Ma del resto, anche l’antifona dell’edizione tipica latina mostra una certa libertà, quando riformula in una sola sentenza i due versetti del testo biblico che ne sono la fonte: «Scientes quod non corruptibilis argento vel auro redempti estis de vana vestra conversatione paternae traditionis sed pretioso sanguine quasi agni incontaminati et inmaculati Christi (Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia)» (1Pt 1,18-19). Evidentemente il traduttore italiano  (2) si considerava investito di quell’autorità che la Liturgia possiede di ridire la Scrittura, amplificando ulteriormente la riformulazione, trasformandola in un’acclamazione a Cristo. Costretti dallo spazio di un post a tralasciare il tentativo di offrire considerazioni teologiche sulla capacità e sulla liceità di tali operazioni della Tradizione liturgica, passiamo a vedere altri piccoli esempi; non possiamo però esimerci dall’esprimere il dubbio che un singolo traduttore possa godere della stessa libertà di una tradizione liturgica attestata.

Nell’Ufficio delle Letture del sabato trovavamo il salmo 105(106), uno dei salmi storici che hanno rischiato di non trovare spazio nel cursus psalmorum riformato dopo il Concilio Vaticano II. Sulla questione avevamo già detto qualcosa (3). Qui ci soffermiamo sull’antifona della prima sezione: il latino recita «Memento nostri, Domine, visita nos in salutari tuo». Si tratta della ripresa di un versetto dello stesso salmo: «Memento nostri, Domine, in beneplacito populi sui, visita nos in salutati tuo» (105,4). La versione italiana della Bibbia traduceva: Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza (4). Ma il traduttore della Liturgia delle Ore opera un curioso rovesciamento; l’antifona infatti recita: «Ricordati di noi, Signore, salvaci con la tua visita», cioè i concetti salvezza e visita sono interscambiati. I biblisti diranno a ragione che si tratta della stessa realtà, tuttavia non si comprende tale intervento; forse per rendere meno monotona la preghiera di un salmo così lungo? (5)

Un’ultima osservazione: per i primi Vespri, la Liturgia Horarum propone come antifone maggiori, ossia antifone al Cantico evangelico del Magnificat, tre antifone che riprendono i tre brani evangelici del lezionario, a seconda dell’anno (A, B o C).Il Salterio italiano invece propone antifone ispirate alle lezioni apostoliche della domenica. Vediamo:

Antifone al Magnificat

Anno A: Dicit Dóminus: Si quis bíberit aquam, quam ego dabo ei, non sítiet in ætérnum. Anno B: Dixit Iesus: Auférte ista hinc: Nolíte fácere domum Patris mei domum negotiatiónis. Anno C: Dico vobis: Nisi pæniténtiam egéritis, omnes simíliter períbitis.

Anno A Resi giusti dalla fede abbiamo pace con Dio per mezzo di Cristo Signore. Anno B: Cantiamo Cristo crocifisso, scandalo per gli Ebrei, stoltezza per i pagani; ma per i chiamati, salvezza di Dio. Anno C: Ciò che avvenne in antico ai nostri padri si compie per noi nei tempi nuovi.

La lettura apostolica di quest’anno era 1Cor 10. Essa la troviamo già citata nell’Ufficio delle Letture del sabato, come sentenza neotestamentaria che segue il titolo del salmo, appunto il salmo 105 di cui abbiamo parlato prima:

Titolo: Bontà del Signore e infedeltà del popolo

Sentenza neotestamentaria: Tutte queste cose accaddero a loro come esempio e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per il quali è arrivata la fine dei tempi (1Cor 10,11)

Il traduttore italiano, che ha scelto di ricomporre un’antifona diversa da quella, ispirata al vangelo, proposta dall’edizione tipica latina, ci ha però regalato una formulazione di teologia liturgica esatta, portandoci dal piano pedagogico di Paolo (per ammonimento nostro) a quello reale della liturgia: ciò che avvenne ai nostri padri (in figura) si compie oggi nella realtà sacramentale della Chiesa.


(1) Si tratta del sabato della II settimana di quaresima e della III domenica di quaresima.

(2) Francese: Nous sommes rachetés par le sang du Christ, par le sang de l’Agneau sans péché. Spagnolo: Nos rescataron a precio de la sangre de Cristo, el Cordero sin defecto ni mancha. Inglese: We have been redeemed by the precious blood of Christ, the lamb without blemish.

(3) cf., ad esempio, quiqui e qui.

(4) La nuova traduzione della CEI aggiorna anche questo versetto: Ricordati di me, Signore, per amore del tuo popolo, visitami con la tua salvezza.

(5) In inglese viene mantenuta la corrispondenza fra antifona e versetto salmico: come with your saving help; in spagnolo cambia solamente il singolare del versetto (visítame con tu salvación) con il plurale dell’antifona (visítanos con tu salvación); la versione francese della liturgia delle Ore presenta invece un’unica antifona per le tre sezioni salmiche, ispirata piuttosto al titolo del salmo: Quand nous somme infidèles, le Seigneur reste fidèle).

Salmo 77(78): Liturgia fidelitatis ?

Alcuni cenni facevamo nel post precedente agli incisi, «titoli» e «sentenze», premessi al testo del salmo 77. Possiamo dire qualche parola in più a proposito di questi elementi, introdotti nel libro liturgico delle Ore in seguito alla riforma post-conciliare, come aiuti per una preghiera più spirituale dei salmi.

Nelle premesse del Salterio ne viene offerta una piccola illustrazione:

«Nel salterio della Liturgia delle Ore, ad ogni salmo è premesso un titolo sul suo significato e la sua importanza per la vita umana del credente. Questi titoli, nel Libro della Liturgia delle Ore, sono proposti unicamente ad utilità di coloro che recitano i salmi. Per alimentare la preghiera alla luce della rivelazione nuova, si aggiunge una sentenza del Nuovo Testamento o dei Padri che invita a pregare in senso cristologico» (Principi e Norme per la Liturgia delle Ore, 111).

 

Offriamo, a proposito, un testo inedito, alcuni paragrafi di uno degli schemi della fase di preparazione e redazione della Liturgia delle Ore di Paolo VI, lo schema n. 244 (De breviario, 59) del 20 settembre 1967, curato dal Coetus a studiis III, il gruppo di studio incaricato della nuova distribuzione dei salmi. Dopo la VI sessione plenaria del Consilium, il gruppo di studio modificò lo schema della distribuzione secondo le osservazioni emerse, e predispose uno specimen per i salmi delle festività e si cominciò a studiare la possibilità di inserire i «titoli» dei salmi. Due periti del gruppo di studio avanzarono dubbi su quest’aspetto. Il primo perché riteneva che per predisporre i titoli occorressero esperti competenti “in arte poetica”, il secondo perché temeva che l’apposizione dei titoli limitasse poi la libertà di chi avrebbe recitato i salmi. Nella riunione del gruppo di studio IX, che coordinava il lavori di tutti i gruppi coinvolti nella revisione del salterio, si decise di continuare con almeno un tentativo in tal senso. Lo schema 244, appunto, fra altre cose riporta un lungo elenco di titoli con una spiegazione previa, che riproduciamo in una nostra traduzione dall’originale latino, che riportiamo alla fine del post.

Assai interessante il titolo esteso assegnato al salmo 77: Liturgia fidelitatis. I periti avevano intuito un aspetto che le odierne scienze bibliche evidenziano: per il popolo di Israele una narrazione di fatti storici non è mai solo mera elencazione di avvenimenti, ma ha qualcosa di eminentemente “liturgico”. E quindi adatto per la preghiera.

Il titolo proposto, Liturgia fidelitatis erga Deum: Fidelitas Dei in populum infidelem in historia salutis, nella versione finale e tipica è stato reso Domini bonitas et populi infidelitas in historia salutis. Nella versione italiana della Liturgia delle Ore sembra ancora depauperato, Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio. Una piccola indagine potrebbe essere fatta su come le altre versioni in lingua volgare hanno deciso di rendere l’originale latino.

Si propongono qui due serie di Titoli ai salmi da aggiungere al Breviario: una secondo il senso letterale, l’altra secondo il senso cristiano. Questo senso cristiano si fonda in parte sulla teologia dei Padri, in parte sulla natura della salmodia. Riguardo alla natura del canto, affinché il testo sia accomodato al cuore di chi canta. Non fa meraviglia che il cuore del fedele ascolti nelle parole dei salmi le voci del Nuovo Testamento, la voce del Padre, del Figlio, della Chiesa etc. Lo studio dei Breviari dimostra sempre più con certezza che non sempre, in verità, ma nemmeno solo raramente, i salmi siano assegnati per motivi teologici. Ciò non è da biasimare. A tale fine vogliono servire i titoli. Ma si deve badare che con i titoli non sia limitata la libertà e l’ampiezza della risonanza nel cuore di chi salmeggia. Nel proemio del Breviario sia espressamente detto che i titoli non sono esclusivi. I titoli seguenti sono tratti dal Nuovo Testamento e dalle sue citazioni. Tuttavia sono tratti anche dai Padri e dalla restante tradizione tanto della Liturgia quanto dei titoli nei salteri del Medio Evo. I titoli sono di diversa qualità e molto, in questa materia, vale la sensibilità dei singoli. Nella serie seguente la qualità in qualche modo è indicata da alcuni segni che sono premessi.

[Nello schema segue una proposta di titoli per ciascuno dei 150 salmi, con una piccola didascalia che chiarisce i segni tipografici che talora li precedono:]

! L’interpretazione cristiana è chiaramente fondata nel N.T.

= meno chiaramente fondata nel N.T.

+ L’interpretazione cristiana è fondata nell’ottima tradizione della Chiesa

– meno chiaramente fondata nella tradizione

In tutti gli altri casi non si aggiunge alcun segno.

[….]

77.       Liturgia fidelitatis erga Deum: Fidelitas Dei in populum infidelem in historia salutis

!           Liberatio de Aegypto imago redemptionis

Consilium ad Exsequendam Constitutionem de sacra Liturgia, Coetus a studiis III, De Psalmis distribuendis, Schemata n. 244 (De Breviario, 59), 20 septembris 1967, 17-18.21.

 

Prima del testo latino dello schema, due contributi. Il primo è di V. Raffa, uno dei periti che lavorarono alla riforma del Breviario.

I titoli dei salmi e dei cantici

I titoli costituiscono una novità per l’Ufficio romano. Sono una delle risorse più preziose per aiutare il recitante ad assimilare vitalmente i salmi (IU 110-111). I titoli non hanno carattere ufficiale e liturgico, ma sono un elemento privato, che, di regola, non fa parte della recitazione. Il primo titolo riassume il senso letterale dei salmi, senso che il recitante non può trascurare. I salmi, infatti, anche se sorsero molti secoli fa, e in mezzo a un popolo di cultura semitica lontana dalla nostra, tuttavia esprimono i dolori e le speranze, il senso della miseria e del peccato, la fiducia e la fede in Dio, l’attesa della salvezza, la lode e il ringraziamento a Dio che sono propri degli uomini di tutte le epoche e di tutti i climi (IU 107,111). Il secondo titolo è una frase desunta dal Nuovo Testamento o dai Padri che aiuta e invita a pregare il salmo in senso cristiano (IU 111). Nell’ufficio del Tempo ordinario «per annum», quando viene eseguito senza canto, questo titolo può sostituire l’antifona (IU 114). Il testo del secondo titolo è preso dalla Bibbia o dai Padri onde ridurre al massimo l’impronta soggettiva nella valutazione e visuale dei salmi. Si tratta volta di testi del Nuovo Testamento che citano esplicitamente o implicitamente il salmo, vedendolo nella luce della redenzione. E’ Cristo dunque o gli apostoli che danno questa interpretazione. Anche le referenze patristiche hanno il loro peso come documento di tradizione. Ciò che si è detto dei titoli salmici vale anche per quelli dei cantici dell’Antico Testamento. Questo sussidio dei titoli era stato desiderato e richiesto da molti. Tutti comunque ne avranno un grande vantaggio per una celebrazione più spirituale dell’Ufficio, anche se quale titolo è tutt’altro che intuitivo.

V. Raffa, La Liturgia delle Ore. Presentazione storica, teologica e pastorale, Milano 1990, 159.

 Sentenza. Si chiama «sentenza» (dal latino «sentire», opinione, massima) la frase cristiana che nella Liturgia delle Ore viene anteposta ai salmi per conferire loro un’interpretazione cristologica o ecclesiale. Mentre i «i titoli» (in rosso) sono di origine ebraica e servono ad inquadrare il salmo nel suo contesto umano e storico, le «sentenze», tratte dal NT o dai Santi Padri, ci aiutano a recitarlo in senso cristiano (cf. IGLH 111): per questo si chiamano anche «titoli cristiani». Un autore in particolare, P. Salmon, ha raccolto queste frasi nei diversi Salteri e le ha riunite in sei serie («Les tituli psalmorum des manuscrits latins», Du Cerf, Paris 1959). Tali titoli cristiani permettono di interpretare i salmi mettendosi dalla parte di Cristo (Cristo che si rivolge al Padre) o della Chiesa (la voce della Chiesa che si rivolge a Cristo: cf. IGLH 109). Nel Tempo Ordinario le antifone possono essere sostituite per un certo periodo con queste sentenze o frasi cristiane, che hanno tale finalità (cf. IGHL 114)

J. Aldazábal, «Sentenza», in Id., Dizionario sintetico di liturgia, Città del Vaticano 2001,421-422.

De Titulis psalmorum

98) Duae series Titulorum psalmis addendorum in Breviario hic proponuntur: Una secundum sensum litteralem, altera secundum sensum christianum. Hic sensus christianus partim in theologia Patrum, partim in natura psallendi fundatur. De natura cantandi est, ut sensus textus accomdetur cordi cantantis. Non mirum, quod cor fidele audiat in verbis psalmorum voces Novi Testamenti, vocem Patris, Filii, Ecclesiae etc.

Studium Breviarii demonstrat certo certius, non semper, immo raro tantum assignari psalmos ex causis theologicis. Quod non est vituperandum. Cui fini servire volunt tituli. Sed advertendum est, ne titulis restringatur liberta set amplitudo resonantiae in cordibus psallentium. In prooemio Breviarii expresse dicatur titulos non esse exclusivos.

Tituli sequentes sumuntur e Novo Testamento eiusque citationibus. Sumuntur autem e Patribus et reliqua traditione tam Liturgiae quam titulorum in psalteriis Medii Aevi. Tituli diversae qualitatis sunt et multum in hac re valet gustus singulorum. In serie sequenti qualitas aliquomodo indicatur quibusdam signis, quae praenotantur:

! Interpretatio christiana fundatur clare in N.T.

= minus clare fundatur in N.T.

+ Interpretatio fundatur in optima traditione Ecclesiae

– minus clare fundatur in traditione

In omnibus aliis casibus non additur signum.

 [….]

77.       Liturgia fidelitatis erga Deum: Fidelitas Dei in populum infidelem in historia salutis

!           Liberatio de Aegypto imago redemptionis

Ancora sul Salmo 77(78)

Non sembri superflua l’insistenza su questo salmo: si tratta di uno dei salmi che rischiarono di non essere integrati nella nuova ripartizione della Liturgia delle Ore di Paolo VI. E abbiamo visto che non furono i periti del Consilium a fare difficoltà…

Nell’Ufficio delle Letture di oggi, Sabato dopo le ceneri, si è pregata la seconda parte di questo lungo salmo “storico”.

Partendo da un curioso dettaglio, vorremmo poi dire qualcosa di più sensato.

 Nella versione italiana del Salterio, fra la prima antifona e il testo del salmo vi sono due incisi, uno in colore rosso e il secondo in nero, ma in carattere corsivo.

Salmo 77,1-39 (venerdì) Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio

Salmo 77,40-72 (sabato) Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio

Ciò avvenne come esempio per noi (1Cor 10,6) (venerdì e sabato)

 

Una piccola differenza si nota nella versione latina

Psalmus 77(78),1-39 Domini bonitas et populi infidelitas in historia salutis

Haec figura fuerunt nostrae (1Cor 10,6)                                         [venerdì]

Psalmus 77(78),40-72 Domini bonitas et populi infidelitas in historia salutis

Haec in figura facta sunt nostri (1Cor 10,6)                                    [sabato]

 

E’ curiosa la differente citazione del passo paolino!

Per quel che riguarda la versione italiana, nel primo inciso è stata omesso, purtroppo, il riferimento alla storia della salvezza, esplicito nel testo latino. La traduzione del passo della prima Lettera ai Corinzi è coerente con il testo della Bibbia della Cei. E’ la traduzione più immediata, ma forse non la migliore. Illuminante è la nota della Bibbia di Gerusalemme, che restituisce all’espressione un significato più pregnante, rispetto al semplice “esempio”.

«10,6 esempio: lett.: «tipi», che Dio ha suscitato per raffigurare anticipatamente le realtà spirituali dell’era messianica («antitipi», 1Pt 3,21, ma cf. Eb 9,24). Benché oltrepassi la chiara coscienza degli autori ispirati, questo senso «tipico» (o «allegorico», Gal 4,24) dei libri sacri non è meno scritturistico, perché voluto da Dio, autore di tutta la Scrittura. Ordinato all’istruzione dei cristiani, è stato spesso evidenziato dagli autori del NT. Paolo lo inculca a più riprese (vv 11 e 9,9ss, Rm 4,23s; 5,14; 15,4; cf. 2Tm 3,16); interi scritti, come il quarto Vangelo o la Lettera agli Ebrei, sono fondati su una tipologia dell’AT».

 Sulla tipologia è fondata anche la liturgia.

 Dove questo non si comprende, molte cose diventano oscure. Come il fatto che un cristiano debba pregare con una composizione che apparentemente non ha nulla di cristiano né ha la forma di una preghiera. Le obiezioni fatte all’uso di questo salmo, nel corso della fase redazionale della nuova Liturgia delle Ore, trovano qui molte delle sue radici.

 Era questo tipo di impressioni che cercavamo di stimolare con il post precedente, https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2014/03/07/psalmus-7778-interessante-un-sondaggio/

Psalmus 77(78): interessante un sondaggio?

Sarebbe assai interessante, oggi, tentare di avere un piccolo riscontro sull’Ufficio delle Letture, fra i lettori del blog che abbiano avuto la possibilità aver già pregato tale Ora del corso giornaliero. Ancora più rilevante sarebbe il parere e il feed back di quanti lo avessero fatto in comune. In questo venerdì dopo il mercoledì delle ceneri, la salmodia è tratta dal venerdì della IV settimana del salterio. Nei tempi forti (Avvento, Quaresima e Cinquantina Pasquale) la distribuzione consueta subisce un piccolo cambiamento: si prega, all’Ufficio delle Letture, il salmo 77, e non come è più frequente nelle settimane del tempo per annum il salmo 54. Ad analoghe e piccole, ma non insignificanti, variazioni avevamo già dedicato alcuni post tempo fa.

https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2013/12/14/ii-settimana-di-avvento-sabato-ufficio-delle-letture-un-approdo-non-scontato-per-un-salmo/

https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2013/12/20/il-card-bacci-era-dunque-protestante-dove-porterebbe-la-polemica/

Si potrebbe tentare di fare un quadro riassuntivo delle vostre impressioni, cari lettori. Anche perché il Salmo 77, nella sua seconda parte, lo pregheremo anche domani!

In attesa di vostri eventuali riscontri, offriamo una riflessione di un autore competente, nella quale abbiamo anche una citazione del nostro amato Daniélou. Nelle pagine finali del suo studio storico sulla Liturgia delle Ore[1], R. Taft dedica alcune pagine al significato teologico e all’importanza della stessa nella vita personale dei fedeli, delineando alcune caratteristiche della preghiera oraria come scuola di preghiera. Fra altre, Taft mette in rilievo la dimensione oggettiva della preghiera delle Ore e dei suoi contenuti. Da quest’ultimo paragrafo estrapoliamo le riflessioni riportate di seguito:

«Naturalmente per trarre profitto dalle ore come da una vera spiritualità, da una scuola di preghiera, bisogna essere una persona che prega e la cui vita è compenetrata dalle Scritture. La Bibbia è la storia dell’incessante chiamata di Dio, del suo disegno di salvezza e della costante ostinazione del suo popolo. I Padri e i monaci della Chiesa antica, nella loro meditazione su questa storia sempre ripetuta, compresero che essi erano Abramo, essi erano Mosè. Essi erano chiamati fuori dall’Egitto. Con essi era stipulata un’alleanza. Essi capivano che il vagabondaggio attraverso il deserto verso la terra promessa era pure il pellegrinaggio della loro vita. I diversi livelli di Israele, Cristo, Chiesa, noi, sono tutti lì. E i temi della redenzione, dell’esodo, del deserto, del resto fedele e dell’esilio, della terra promessa della Città Santa di Gerusalemme, sono tutte metafore della storia spirituale delle nostre vite. Gli uffici delle Chiesa possono essere pienamente vissuti solo da colui la cui vita è permeata da un tale lectio divina della Bibbia. Contemporaneamente la ricerca biblica è direttamente interessata nel Sitz im Leben di ciò che è riferito nel testo biblico. Ma nella vita della Chiesa la Sacra Scrittura ha anche un Sitz im Gottesdienst, nella vita spirituale un Sitz im meinem Leben. Come ha detto Jean Daniélou:

“La fede cristiana ha un solo oggetto, il mistero di Cristo morto e risorto. Ma questo unico mistero sussiste sotto diverse forme: è prefigurato nell’Antico Testamento, giunge storicamente a compimento nella vita terrena di Cristo, è contenuto in mistero nei sacramenti, è vissuto misticamente nelle anime, è realizzato comunitariamente nella Chiesa, è consumato escatologicamente nel Regno dei cieli. Così il cristiano ha a sua disposizione molti registri, un simbolismo pluridimensionale, per esprimere questa unica realtà. Il complesso della cultura cristiana consiste nel comprendere i legami che esistono tra Bibbia e liturgia, vangelo ed escatologia, misticismo e liturgia. L’applicazione di questo metodo alla Scrittura è chiamato esegesi; applicato alla liturgia è chiamato mistagogia. Essa consiste nel leggere nei riti il mistero di Cristo e nel contemplare sotto i simboli l’invisibile realtà”.

J. Daniélou, “Le symbolisme des rites baptismaux”, Dieu vivant 1 (1945) 17.

S. Paolo ci dice: “Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione” (Rm 15,4). Ma non sarà per nostra istruzione fino a quando non impegneremo costantemente sul testo biblico il dialogo personale della nostra contemplazione privata. Poiché fino a quando la nostra salmodia non diviene risposta a una tale lectio divina, una vera meditatio nel senso originale di riandare lentamente più e più volte al testo rivelato per assaporarlo nelle sue profondità in relazione a noi stessi, l’Ufficio divino non raggiungerà mai la sua finalità piena nella nostra vita. Proprio come la lectio penetra le nostre vita con una visione dell’umana esistenza radicata nella storia della salvezza, così la salmodia dell’ufficio è la sua risposta cosmica ed escatologica. Poiché è soprattutto nell’ufficio che evochiamo quella visione di un universo salvato, trasfigurato in quell’inno di lode cosmica dinanzi al trono dell’Agnello che leggiamo nei capitoli finali del Nuovo Testamento (Ap 19-22): […] Questo è quanto sarà la nostra conclusione, e la Liturgia delle Ore, come gli altri simboli della vita cristiana, ci assicura il grandioso privilegio di anticiparla fin d’ora».


[1] R. taft, La Liturgia delle Ore in Oriente e in Occidente. Le origini dell’Ufficio divino e il suo significato oggi, Roma 1988, 474-476.