Dal genio esegetico di Origene abbiamo in questi giorni potuto apprezzare alcuni passaggi, che la Liturgia delle Ore ci offriva come seconda lettura patristica dell’Ufficio delle Letture. Nella decima settimana del Tempo Ordinario abbiamo letto, infatti, il libro di Giosuè e, per alcuni giorni, le relative Omelie dell’alessandrino. In esse, l’episodio del passaggio del Giordano è riletto in chiave mistero-sacramentale. Senza fermarci ora sull’originale parallelismo da lui proposto fra l’esodo del popolo di Israele e la conversione e il catecumenato del cristiano (degno di nota, fra l’altro, è il fatto che ad essere simbolo del battesimo non è il passaggio del Mar Rosso ma il passaggio del Giordano), vorremmo evidenziare la vivida sintesi delle emozioni e delle esperienze del battezzato che Origene traccia in modo davvero espressivo: non con sue parole, ma con testi delle Sacre Scritture:
Allora, attraversato il Giordano per mezzo del ministero dei sacerdoti, entrerai nella terra promessa, nella quale dopo Mosè ti riceve Cristo. Egli stesso ti sarà guida per il tuo nuovo viaggio. Allora, memore di tante e così grandi meraviglie di Dio, capirai che per te si è diviso il mare e si arrestò l’acqua del fiume. Ti rivolgerai a questi elementi e dirai: Che hai tu, o mare, che ti sei ritirato? E tu , o Giordano, che ti sei voltato in senso inverso? Perché voi monti avete saltato di gioia come arieti, e voi colline come agnelli di un gregge? Risponderà la parola divina e dirà: Dall’apparizione del Signore è stata scossa la terra, dall’apparizione del Dio di Giacobbe, che ha trasformato la pietra in un pozzo d’acqua, e la rupe in zampilli di acque (cfr. Sal 113,5-8). [Omelie sul libro di Giosuè, 4,1; Mercoledì della X sett. del tempo ordinario]
Con tutta probabilità, questo dialogo avveniva solo nella mente geniale di Origene, capace di accostare passi della Scrittura e farne uso così espressivo.
Tuttavia, nel corso della storia della liturgia, non mancano esempi di un simile approccio alla Scrittura che, al di là di ogni prudenza esegetica, del rigore ieratico e della sobria concinnitas, costituiscono effettivi segmenti rituali.
Nella rigogliosa proliferazione di ordines locali e di pontificali medioevali capita di imbattersi in curiose ed originali drammatizzazioni liturgiche, sviluppate a partire da una familiarità e conoscenza della Bibbia che può far storcere il naso ma che pochi ai nostri giorni avrebbero.
Ecco un frammento del cosiddetto Pontificale di Poitiers (IX sec.), a riguardo della penitenza canonica. La mattina del Giovedì santo, in un intreccio di riti e celebrazioni, avveniva la riconciliazione dei penitenti. Si tratta di un complesso e articolato rituale di riammissione alla piena comunione, che conosce vari momenti e luoghi. Dopo un primo esame da parte del Vescovo, i penitenti giudicati degni di essere riconciliati, partecipano ad un lungo momento di preghiera (una sorta di Ufficio con tre Notturni) ed una messa pro paenitentibus. All’inizio di questa azione liturgica, i penitenti sono ancora fuori dalla Chiesa, ed in mezzo a loro si pongono 4 cantori, incaricati di cantare – appunto – un’antifona ricchissima di reminiscenze bibliche. Altri 4 cantori si dispongono (nascosti ?) dietro l’altare della Chiesa: al termine dell’antifona del gruppo dei penitenti, ad essa rispondono da dietro l’altare gli altri 4 cantori, con il canto di un’altra antifona. L’effetto drammatico è cercato e voluto, e – immaginando plasticamente l’ordo – pure riuscito: alla voce supplichevole dei penitenti pare che risponda la parola stessa del Redentore, al quale i cantori posti dietro l’altare prestano la voce, che riecheggia nel santuario fino alle porte esterne della chiesa, dove i penitenti attendono. Dopo questa sorta di dialogo, il diacono proclama un’altra antifona biblica, che è il segnale che permette ai penitenti di entrare nella chiesa.
Come si vede, una grande libertà e fantasia celebrativa, unite ad una familiarità con la Scrittura davvero sorprendente. La liturgia in questo è insuperabile!
Ecco il testo:
Antifona: O Signore, se tu fossi adirato contro di noi chi cercheremo come aiuto o chi avrebbe misericordia delle nostre debolezze, tu che hai invitato alla penitenza la Cananea e il pubblicano e, Signore, hai accolto Pietro in lacrime, così accogli misericordioso la nostra penitenza e salvaci, salvatore del mondo. Terminata questa antifona, altrettanti cantori, stando dietro l’altare, cantano, come se rispondessero a quelli con la voce del Redentore, quest’altra antifona: Come il pastore porta la pecora perduta al suo gregge, così io porto voi e vi raccolgo, dice il Signore; io vi ho fatto e io vi porterò, io vi ho creati, io vi ho sostenuto, io vi ho redenti, io perdonerò i vostri peccati, io santo, santo, santo d’Israele. Dopo ciò il diacono esclama: Ritornate, voi che dovete essere riconciliati, nel seno dell’eterna sapienza della vostra madre, succhiate agli abbondanti seni della misericordia di Dio. Varcate le sue porte confessando, i suoi atri con inni di lode, piangete le cose passate, evitate le imminenti. E dopo questa, entrano in chiesa e prostrati a terra pregano a lungo, mentre i cori cantano in modo da far sentire a gran voce l’antifona Laudate.., con i suoi versetti.
Il cosiddetto Pontificale di Poitiers (Rerum Ecclesiasticarum Documenta. Series Maior. Fontes XIV), ed. A. Martini, Roma 1979
Per il testo in latino, cf. qui: Pontificale di Poitiers, 205-207