Le due specie (solo un pretesto per richiamare l’attenzione)

In effetti, abbiamo in mente di approfondire il ripristino della Comunione sotto le due specie. Da quello che ne sappiamo – si accolgono suggerimenti e indicazioni da benevoli lettori – il tema non è stato completamente esposto. L’articolo precedente ne era un piccolissimo saggio.

Eppure, in questo post, parleremmo di tutt’altro, o forse no. Apparentemente sembrerà non avere nulla a che fare con il futuro tema di studio, se non perché nella testa ci frullava il termine, e lo abbiamo notato mentre pregavamo i vespri del lunedì della settimana santa. Piccolo inciso: anche noi ci uniamo a quanti, pochi per la verità, facevano notare che piuttosto che moltiplicare, in questi giorni di quarantena, liturgie virtuali, messe e celebrazioni dai luoghi più disparati e trasmessi via web, fino all’invenzioni di paraliturgie (1) discutibili quanto spettacolari e studiate in favor di telecamera, sarebbe stato il caso di insistere nella vera Liturgia che si possa autenticamente e propriamente celebrare in casa, ossia la Liturgia delle Ore. In essa ci sono sicuramente più tesori e spunti per la meditazione che non negli sproloqui generici, orizzontali, quando non pateticamente ridicoli, che ci è toccato sentire in questi giorni. Ad essa, la Liturgia delle Ore si dovrebbe tornare, al suo nutrimento sobrio ma efficace; mettere il popolo di Dio nelle condizione di comprenderla e celebrarla, smettendola con il chiacchiericcio clericale, spesso insignificante (ndr, non stiamo parlando del nostro parroco, che stimiamo e amiamo). Dunque torniamo alla Liturgia delle Ore.

Per la verità, su un particolare caso dell’Ufficiatura vespertina del lunedì santo, era già stata accesa una luce, e che luce!, da un certo cardinale Joseph Ratzinger (cf. qui). Ieri però guardando il testo latino, ci siamo meravigliati di come sia ancora più impressionante l’assonanza, impossibile da non notare. Ci riferiamo al fatto che il primo testo della salmodia, il Sal 44, è preceduto dalla notazione di tre antifone: una indicata per la quaresima, una per il lunedì santo e la terza poi per il tempo pasquale. Il contrasto fra le prime due è, a primo aspetto, enorme: si passa dal più bello fino al più ripugnante. Eppure introducono il medesimo salmo, fornendone la chiave di lettura per una preghiera cristologica. I predicati non fanno saltare la sintassi, se, opposti, sono applicati allo stesso soggetto? O piuttosto, non c’è qui, nascosta fra le righe – in tutti i sensi! – una teologia del mistero pasquale? La morte e la resurrezione, mirabilmente unite…

Speciosus forma prae filiis hominum, diffusa est gratia in labiis tuis [Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia.

Non est ei species neque decor; et vidimus eum, et non erat aspectus [Non ha bellezza né apparenza; l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore]

Speciosus forma es prae filiis hominum, diffusa est gratia in labiis tuis [Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia]

L’antifona indicata per il lunedì santo, una citazione del profeta Isaia (cf. Is 53,2), pare del tutto appropriata per la preghiera nella settimana santa; più interlocutoria pare quella prevista per la quaresima, che in modo più neutro non fa che riprendere il versetto 3 del salmo, e che, sappiamo, sarà quella usata per il resto del tempo ordinario e anche per l’avvento. Se non sbagliamo, dunque, Non est ei species neque... è un’antifona unica e propria dell’ufficiatura del lunedì santo, che però mantiene i salmi della consueta distribuzione quadrisettimanale (salmi propri li troviamo a partire dall’Ufficio delle Letture del Venerdì santo). Il contrasto quindi risulta sia con l’antifona consueta che  rispetto all’immediato contenuto del salmo relativo, esaltante la bellezza del re messianico.

La liturgia delle Ore ci introduce a suo modo, anche nei minimi dettagli testuali, nel mistero pasquale a cui ci stiamo preparando. E, crediamo, lo faccia assai meglio di molti sussidi e libretti che stiamo vedendo girare in questi giorni. Basterebbe guardare bene fra i tesori che già la Chiesa possiede, e formare gli oranti ad una sapiente attenzione. Ma, si sa, una vera formazione ed un’autentica catechesi liturgica latitano da parecchio: più facile accontentarsi di un pò di emotività e di quattro frasette da Libro Cuore del tipo “nessuno si salva da solo”.

P.S. C’è un’altra specie, nella preghiera del lunedì santo, quella della sposa regina, di cui il re è innamorato: et concupiscet rex speciem tuam (al re piacerà la tua bellezza), ma siamo  nella seconda sezione salmodica del Sal 44, e sono altre antifone.

Quindi un re sotto le due specie e una regina anch’essa speciosa. Ma per ora si è già detto troppo! Se si vuole continuare a leggere qualcosa di simile, relativo al diverso uso di antifone e salmi, si veda qui, ad esempio.

 


(1) A proposito del recente momento di preghiera sul sagrato di San Pietro, ci chiediamo se la prima parte non potesse essere inglobata nella liturgia dell’esposizione, dell’adorazione e della benedizione eucaristica, che può prevedere una sorta di liturgia della Parola. Non abbiamo capito, ma se qualcuno vorrà aiutarci lo accoglieremo, questa netta separazione fra i due momenti: da una parte il testo evangelico letto senza alcuna solennità, la meditazione, la venerazione in una forma minimalista del Crocifisso e dell’Icona della Madonna Salus Populi romani, e poi, l’esposizione, l’adorazione e la benedizione eucaristica. Forse poneva qualche ostacolo la rubrica del rituale: «Durante l’esposizione, orazioni, canti e letture, si devono disporre in modo che i fedeli in preghiera orientino e incentrino la loro pietà sul Cristo Signore» (112)? Pareva troppo, per un’evento che magari era pensato per un pubblico anche di non credenti? Ma il Papa deve fare questo? O altro? Diciamo questo perché lo abbiamo confessato umilmente: non abbiamo capito i motivi, che diverso dal dire che non ce ne fossero di validi.

 

 

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