Essendo del tutto estranei a circoli e a cordate e non avendo alcuna “fonte” se non testi e testimoni accessibili, della notizia che apprendiamo solo ora non c’era giunta nessuna anticipazione. Ci sia permesso tuttavia, dopo aver professato la nostra ignoranza, di stupirci e di rallegrarci di quanto troviamo documentato fra le righe di un intervento del professore Matias Augé. Si tratta di un commento del liturgista spagnolo ad uno scritto del Prefetto della Congregazione per il Culto (qui la pagina del blog con il testo in questione). Fra le righe, sobbalziamo alla lettura del passaggio seguente:
«…il cardinale ha il merito di esprimere una sua proposta concreta per arrivare “ad un rito comune riformato con lo scopo di facilitare la riconciliazione all’interno della Chiesa”. In primo luogo, il cardinale si augura che si possa arrivare ad un calendario liturgico comune per le due forme del rito romano, e anche ad una “convergenza” dei lezionari. Sua Eminenza sa, meglio di me, che una commissione ad hoc ha lavorato negli anni del pontificato di papa Ratzinger senza riuscire a produrre una proposta concreta, date le difficoltà dell’operazione».
Dal testo della Lettera di accompagnamento del Motu proprio Summorum Pontificum si evince che tale lavoro dovesse essere svolto dalla Commissione Ecclesia Dei, (1) un’istituzione già allora e ancor oggi attiva, e quindi non «ad hoc».
Non sappiamo dire nulla di più, se non immaginare quanti spunti e dati per lo studio e la ricerca potrebbero sorgere dalla possibilità di consultare la documentazione prodotta da tale Commissione. Immaginiamo il lavoro dei suoi componenti, le loro ricerche e le loro analisi: quale beneficio ne verrebbe se simile sforzo potesse essere condiviso. Al di là delle partigianerie e delle sensibilità, cultori e ricercatori di liturgia dovrebbero saper fare tesoro di simili confronti.
Che peccato che tutto debba rimanere segretato e ignoto, come purtroppo riteniamo accadrà. Ma saremmo felicissimi di essere smentiti, e di poter avere anche qualche piccola informazione in più!
(1) «Del resto le due forme dell’uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda: nel Messale antico potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi. La Commissione “Ecclesia Dei” in contatto con i diversi enti dedicati all’ “usus antiquior” studierà le possibilità pratiche. Nella celebrazione della Messa secondo il Messale di Paolo VI potrà manifestarsi, in maniera più forte di quanto non lo è spesso finora, quella sacralità che attrae molti all’antico uso»: qui il testo completo.