Può la pericope evangelica “correggere” l’eucologia? Semplici note su un caso di studio (II).

Già abbiamo scritto intorno alla colletta della XVII domenica del tempo Ordinario (cf. qui e, indirettamente qui), eppure anche nello schema C del Lezionario domenicale riscontriamo il fenomeno analogo e, secondo il nostro punto di vista, curioso, che avevamo intravisto l’anno scorso: la pagina evangelica potrebbe venire in aiuto per correggere un’evidente sbavatura nella traduzione della preghiera Colletta.

O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni [Protector in te sperantium, Deus, sine quo nihil est validum, nihil sanctum multipla super nos misericordia tua, ut, rector, te duce, sic bonus transeuntibus nunc utamur, ut iam possimus inhaerere mansuris]

La parafrasi «nella continua ricerca dei beni eterni» può apparire consona ai tempi moderni, dove nulla sembra più statico e definitivo, tempi in cui il camminare, l’essere in cammino e il «fare strada» è divenuto un «tema teologico». L’inquietudine della ricerca è certamente un fattore positivo, non si discute! Ma non è questa la dimensione esistenziale che risulta dal testo originale della preghiera, inhaerere mansuris.

La lingua italiana potrebbe offrire la derivazione etimologia diretta dei lessemi inerire, inerenza, inerente, con le loro declinazioni e sinonimi, per significare appartenenza, attinenza, adesione, attaccamento. Ma c’è molto di più, e con maggior spessore teologico, nell’affermare la possibilità di essere partecipi, già da ora anche se non ancora completamente, delle realtà eterne.

La liturgia della Parola ci aiuta a ricentrare questa «continua ricerca»: non si tratta di una tensione dinamica perpetua perché sterile né affanno inconcludente perché destinato ad essere frustrato. L’esito della ricerca è assicurato: chi cerca, trova; a chi bussa, sarà aperto. Questa è la certezza della fede, al di là delle nostre debolezze e ambiguità. Una angoscia può essere santa ed un anelito benedetto, ma diventerebbero entrambi una maledizione se non avessero un fine e, finalmente, una fine. Se il destinatario della nostra preghiera è Dio, se la nostra ricerca è quarere Deum, la fatica avventurosa del domandare non sarà inane.

Lo Spirito Santo ci è già stato dato: non rimane che appropriarsi personalmente e sempre di nuovo, continuamente, è vero, di tale dono buono.

Come post scriptum possiamo aggiungere la traduzione in lingua inglese della preghiera in questione; il primo testo è la versione ICEL del 1973: God our Father and protector,
 without you nothing is holy,
 nothing has value.
 Guide us to everlasting life
 by helping us to use wisely 
the blessings you have given to the world. Nel 2011 è stata approvata la seguente versione:  O God, protector of those who hope in you, without whom nothing has firm foundation, nothing is holy, bestow in abundance your mercy upon us and grant that, with you as our ruler and guide, we may use the good things that pass in such a way as to hold fast even now to those that ever endure. Il nuovo Messale italiano sarà capace di rivedere con analoga radicalità quanto si è dimostrato del tutto impreciso? Speriamo che la ricerca e l’attesa della nuova versione non sia perenne, ma che presto possa trovare esito felice. Ma i tempi della Congregazione per il Culto non sono i tempi di Dio!

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