Non è il caso di invocare il passo evangelico in cui viene denunciato il rischio di un regno diviso in se stesso, ma possiamo benissimo fare una diversa citazione, attinta dai ricordi personali: risaliamo così al tempo delle lezioni al Pontificio Istituto Liturgico. Si era in pieno Giubileo del 2000, e il compianto professor Achille Triacca ci raccontava come qualche giorno prima avesse telefonato al Maestro delle Celebrazioni pontificie, per «rimproverarlo» dell’abuso commesso dall’Ufficio. Infatti, seguendo la celebrazione alla TV, il puntuale e preciso professore aveva notato l’introduzione di Gloria e Credo nella messa di San Giuseppe Lavoratore, in occasione del Giubileo dei Lavoratori. Era evidente il tentativo di «solennizzare», dato il contesto, quella celebrazione papale, ma – Triacca ci voleva insegnare – nemmeno il capo-rito di una tradizione liturgica (nel nostro caso, il Sommo Pontefice per il rito romano) può alterare a propria scelta il rituale, tantomeno senza alcuna spiegazione e come se niente fosse.
Ci è tornato in mente questo aneddoto mentre, facendo alcune ricerche sull’Inno quaresimale dei Vespri, ci siamo imbattuti in una pagina che ne riportava il testo apparso nel libretto dell’Ufficio delle celebrazioni pontificie per il Mercoledì delle Ceneri (1). Insieme al testo latino con la notazione musicale, il Maestro delle Celebrazioni, o comunque qualcuno sotto la sua responsabilità, fece stampare – come ragionevole – anche la traduzione italiana. Ma, come si noterà, non è quella ufficiale, come giace nel libro della Liturgia delle Ore approvato dalla CEI e correntemente in uso nella chiesa italiana.
Testo proposto dal libretto dell’Ufficio delle celebrazioni pontificie.
Ascolta, Creatore benigno / il grido che alziamo di pianto, / in questo digiuno che compie / i santi quaranta tuoi giorni.
O tu, che nei cuori ci scruti / e sai quanto fragili siamo, / a te ritornati concedi, / la gioia di una largo perdono.
Poiché troppo abbiamo peccato, / ma tu da’ il perdono ai contriti / a gloria del nome tuo santo, / lenisci la piaga dei cuori.
Con questa astinenza, concedi / che il corpo rinasca temprato, / che sobria la mente digiuni, / non più lusingata dal male.
O Dio, che sei unico e trino, / sia il dono che noi ti facciamo / del nostro digiuno frugale / copioso di frutti ai tuoi occhi.
Testo ufficiale della Liturgia delle Ore
Accogli, o Dio pietoso, / le preghiere e le lacrime /che il tuo popolo effonde / in questo tempo santo.
Tu che scruti e conosci / i segreti dei cuori, / concedi ai penitenti / la grazia del perdono.
Grande è il nostro peccato, / ma più grande è il tuo amore: / cancella i nostri debiti / a gloria del tuo nome.
Risplenda la tua lampada / sopra il nostro cammino, / la tua mano ci guidi / alla meta pasquale.
Ascolta, o Padre altissimo, / tu che regni nei secoli / con il Cristo tuo Figlio / e lo Spirito Santo. Amen.
Testo latino.
Audi, benigne Conditor, / nostras preces cum fletibus, / sacrata in abstinentia / fusas quadragenaria.
Scrutator Alme cordium, / infirma tu scis virium / ad Te reversis exhibe / remissionis gratiam.
Multum quidem peccavimus, / sed parce confitentibus; / tuique laude nomini / confer medelam languidis.
Sic corpus extra conteri / dona per abstinentiam; / ieiunet ut mens sobria / a labe prorsus criminum.
Praesta, beata Trinitas, / concede, simplex Unitas, / ut fructuosa sint tuis / haec parcitatis munera.
Come si vede, né l’una né l’altra versione in italiano rispetta fedelmente il testo latino, e si potrebbero fare parecchie annotazioni. Valeva la pena, dunque, introdurre tale novità, in un contesto così ufficiale, peraltro? In questo caso, davvero si può dire, per fortuna i monaci hanno cantato in latino!
(1) Cf. qui.