I Salmi e l’approfondimento progressivo della Rivelazione

Dopo alcuni post un poco originali, lasciamo la parola ad un autorevole maestro, che ci aiuta a comprendere l’orizzonte delle nostre incursioni in Bibbia e Liturgia.

La Parola di Dio non si è fatta udire a poco a poco mediante un’aggiunta esteriore di verità, partendo da ciò che è più semplice fino ad arrivare a ciò che è più complesso, da ciò che è elementare e concreto all’astrazione elaborata. Lo sviluppo della rivelazione nella Bibbia ci appare piuttosto come quello di una tema che si arricchisce di se stesso, caricandosi pian piano di suoni armonici nuovi, per giungere finalmente a permeare tutto il nostro universo mentale e spirituale. La parola di Dio non progredisce tanto nel senso della complessità molteplice di affermazioni sempre più variate, quanto piuttosto nel senso dell’unità nella quale si scoprono una personalità divina e un disegno divino, che ha di mira una completa unione tra Dio e l’uomo, una riunificazione dell’umanità disgregata dal peccato, ma ricostituita nel suo secondo Adamo.

Comprendere la rivelazione, il senso della Scrittura, richiede che la si legga secondo queste linee. Occorre cioè cercarvi non una successione di concetti, ma l’approfondimento di verità semplicissime e ricchissime date fin dal principio, e che costituiscono l’unità della parola divina. E ciò che ci permette di accedere a questa intelligenza propriamente religiosa delle Scritture è una contemplazione del grande disegno che in essa si dispiega e di quell’Unico che in essa si scopre il volto. Tale contemplazione è costantemente suscitata nella Chiesa dalla preghiera ispirata: il Salterio, che costituisce la base di tutta la preghiera liturgica. Quando ci si stupisce che i Salmi dell’Antico Testamento restino la preghiera del Nuovo, è proprio perché non si coglie il vero carattere di progresso della rivelazione. Tramite la loro congiunzione e la loro esaltazione lirica dei temi definitivi che la rivelazione ha toccato dal primo istante, i Salmi sono al contrario il mezzo provvidenziale che deve aiutarci a discernere sotto le prime realizzazioni della Parola, la sua realtà che permane. I temi più propriamente nuovi del vangelo – l’adozione da parte del Padre, il dono dello Spirito, come pure la rivelazione del Figlio – non assumono tutto il loro significato, e nemmeno hanno un senso intelligibile se non li scopriamo alla confluenza dei temi della parola profetica. La giustizia e la misericordia predicate da Amos e Osea, la santità divina da Isaia, la religione del cuore da Geremia, la sofferenza redentrice dai canti del Servo, la presenza divina restituita per sempre a un popolo rigenerato, e, infine, il mistero della Sapienza creatrice e redentrice intravisto dagli scribi: ecco tutti i fili con i quali il vangelo tesserà la sua trama.

[…]

Il fatto che la preghiera di Israele sia divenuta spontaneamente e senza sforzo la preghiera della Chiesa, attesta semplicemente quella continuità che tutto dovrebbe farci cogliere nella Bibbia. Parlare così, non significa affatto misconoscere o sottovalutare l’irriducibile novità del vangelo. Ma, appunto, non si è per nulla percepito il movimento che attraversa e solleva progressivamente l’intera Bibbia di Israele, se non la si vede tutta illuminata dalla promessa, protesa nell’attesa. […] In questo modo, quando si arriva al termine dell’antica alleanza, tutto è pronto per accogliere la nuova. Ma, perché la sua “buona novella”, cioè il vangelo, sia ricevuta, occorrono dei cuori preparati, delle anime che siano anime di desiderio, e il cui desiderio sia quello dello Spirito. Questa preparazione è data dall’Antico Testamento, mentre quel desiderio è espresso dai Salmi. Essi dunque sono a buon diritto la preghiera cristiana, perché sono la preghiera con la quale lo Spirito ci ha insegnato a chiedere precisamente ciò che il Padre voleva darci mediante il Figlio.

L. Bouyer, La Bibbia e il Vangelo, Magnano (BI) 2007, 265-268.

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