Il frutto di quale albero?

A chi osservasse con attenzione la disposizione  testuale degli Inni del tempo di Natale (fino alla solennità dell’Epifania) nell’edizione italiana della Liturgia delle Ore sarebbe sufficiente un solo sguardo per notare una particolarità. La versione italiana dell’Inno dei Vespri, delle Lodi e delle Ore minori è seguita da un corrispettivo testo latino, al quale la versione italiana in certo qual modo può essere ricondotta. Per l’Inno dell’Ufficio delle Letture, invece, non si ha nessun testo originale di riferimento.

Il confronto con il testo dell’edizione tipica, il volume I della Liturgia Horarum ci fa scoprire un Inno che sembra dimenticato dal Salterio italiano: all’Ufficio delle Letture è infatti proposto l’Inno Candor aeternae Deitatis alme. Una rapida lettura fa intuire che l’inno italiano per l’Ufficio delle Letture non può essere neanche una lontanissima traduzione. La Liturgia delle Ore, anche qui, si discosta dall’edizione tipica. Ma non ci vuole molto ad accorgersi che nemmeno si tratta di una composizione del tutto originale. Infatti, nonostante il testo latino non sia mai riportato nella versione italiana del Salterio, l’Inno Fiorì il germoglio di Iesse è la resa, nella lingua di Dante, dell’Inno latino Radix Iesse floruit, proposto dalla Liturgia Horarum all’Ufficio delle Letture del primo Gennaio, Solennità di Maria Ss. Madre di Dio.

In sostanza, il curatore dell’edizione italiana ha ritenuto che l’Inno previsto per l’ultimo giorno dell’Ottava fosse proposto per ogni giorno del tempo di Natale, almeno fino all’Epifania. Senza voler comparare e mettere in questione la qualità dei due Inni, registriamo il fatto, notando alcuni dettagli, da sommare ad altri di cui ci eravamo già accorti (cf. qui): sembra infatti che si sia voluto accentuare, in certo qual modo, il tono mariano del tempo di Natale. Radix Iesse floruit, pur contemplando il mistero cristologico dell’Incarnazione, ripetutamente menziona la Madre.

Un’operazione, quella della sostituzione dell’Inno previsto dall’edizione tipica, ad opera di qualcuno che – inconsciamente o consapevolmente – ha voluto enfatizzare maggiormente la venerazione per la Madonna?

Lasciando in sospeso, per ora, tale domanda, vogliamo infine notare un altro slittamento, soffermandoci più da vicino sul testo.

Abbiamo detto che Fiorì il germoglio di Iesse non è, formalmente, una composizione originale; eppure la resa italiana dell’originale latino appare   assai libera: i connotati non sono cambiati, ma sono introdotte alcune novità. Innanzitutto una strofa di quattro stichi è resa con due strofe di tre stichi. Ma il cambio più ardito riguarda un aspetto «botanico»: i primi due stichi del testo latino si riferiscono, palesemente, alla profezia di Isaia 11,1: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici [et egredietur virga de radice Iesse et flos de radice ius ascendet]. Sullo sfondo vi può essere certamente, anche per commistioni con i vangeli apocrifi e con la tradizione interpretativa dei Padri, anche il testo dei Numeri relativo al bastone di Aronne (Nm 17,16-26; la nuova traduzione della Bbbia rompe la continuità con la più classica verga di Aronne).

La versione italiana decidere di non esplicitare il riferimento alla verga di Iesse, introducendo un non meglio specificato «albero della vita». Sembra che dall’originale Isaia siamo trasferiti nel libro della Genesi, nel centro del giardino di Eden: «Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!» (Gen 3,22).

Siamo forse esagerati nel vedere qui una nuova ed inaudita sovrapposizione? E’ solo un vezzo di botanici o di liturgisti perditempo dissertare sul frutto e sulla sua origine?

Fiorì il germoglio di Iesse, l’albero della vita ha donato il suo frutto. Maria, figlia di Sion, feconda e sempre vergine, partorisce il Signore.

Radix Iesse floruit, et virga fructum edidit; fecunda partum protulit, et virgo mater permanet.

E’ fiorita ora la radice di Iesse, e la verga ha prodotto il frutto, la Madre feconda ha partorito rimanendo vergine (una traduzione più fedele).

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