Dall’Ufficio delle Letture un padre sinodale in più? Qualcosa di più di una casualità.

Ci rallegriamo nel vedere che anche cultori di altre materie possono accorgersi di quanto la liturgia possa sorprenderci e apparirci misteriosamente ironica, dotata di un tempismo davvero curioso. Ci riferiamo alla ripresa, da parte di un noto vaticanista, della lettura patristica dell’Ufficio delle Letture della domenica di questa settimana del tempo Ordinario, la XXVII: http://www.magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/10/04/ce-un-padre-sinodale-in-piu-san-gregorio-magno/

Ma, allo stesso tempo, non è questo il posto per polemiche o allusioni più o meno velate. Ci preme sottolineare una questione che accennavamo nel post precedente

La correzione, nella Chiesa, non è davvero un puntare il dito o inchiodare il colpevole alla propria colpa, ma il primo passo di un cammino che possa portare ad una vera conversione e ad un piena riconciliazione. Secondo le parole di San Gregorio Magno, la correzione è una chiave (1), che apre le porte del cuore alla verità e, poi, alla misericordia. Per questo la correzione, la correptio, era considerata quasi come parte del ministero della riconciliazione. Vi erano circostanze in cui la correzione era pubblica, altre nelle quali il pastore, il Vescovo, era più discreto e avvicinava personalmente il fedele caduto. In ogni caso, la correptio è la Parola del Vescovo che porta la luce del Vangelo sull’azione commessa ed esorta il penitente ad una piena conversione: la via penitenziale da alcuni richiamata come soluzione a problemi odierni dovrebbe essere considerata nell’intero processo, dal quale non era esclusa l’accusa dei peccatori.

Per tornare al grande Papa Gregorio, ecco due brani estrapolati da un’altra grande sua opera, le Omelie su Ezechiele, nei quali ritorna il legame fra predicazione, correzione e riconciliazione.

Quando poi i malvagi cominciano ad ascoltare la parola della predicazione, a conoscere quali siano i supplizi eterni, quale il terrore del giudizio, quanto sia minuzioso l’esame dei singoli peccati di ciascuno, allora si prendono paura, moltiplicando i gemiti e diventano ansimanti per i sospiri che non riescono a contenere e, scossi da grande spavento, prorompono in pianti lugubri. Perciò il profeta ode dietro di sé un grande fragore, perché dopo la parola della predicazione, si fanno sentire i lamenti dei convertiti e dei penitenti [post verbum praedicationis, conversorum et paenitentium luctus audiuntur]. (2)

Perché ci siano convertiti e pentiti per il quali pregare, occorre che prima essi predichino a quelli che si trovano in peccato [Ut ergo sint pro quibus conversis et flentibus rogent, oportet ut eisdem prius in peccato positi praedicent]; e quando questi cominciano a lasciare i peccati e ad affrettarsi verso l’innocenza, è necessario che sulla bocca del dottore si moltiplichino gli interventi della predicazione; e con alcuni insista con la parola della predicazione tanto più ardentemente quanto più gravemente ritiene che siano caduti. (3)

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(1) L’originale della versione latina della Liturgia Horarum, non pare sempre tradotto in tutta la sua ricchezza: ecco alcuni esempi.

Clavis quippe apertionis est sermo correptionis, quia increpando culpam detegit, quam saepe nescit ipse etiam qui perpetravit…

Porque la reprension es la llave con que se abren semejantes postemas: ella hace que se descubran muchas culpas que desconocen a veces incluso los mismos que las cometieron…

A word of reproof points out the sin that even the guilty party himself often fails to recognize…

La clé de cette révélation, c’est le discours de réprimande, parce que, en blâmant la faute, on la découvre, alors que souvent elle est ignorée même de son auteur…

(2) Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, I, 10,28. Edizione: Omelie su Ezechiele (GMO 3/1), ed. V. Recchia – E. Gandolfo, Roma 1992.

(3) Gregorimo Magno, Omelie su Ezechiele, II, 9,21. Edizione: Omelie su Ezechiele (GMO 3/2), ed. V. Recchia – E. Gandolfo, Roma 1993.

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