Mentre nel post precedente avevamo segnalato una grande libertà nella traduzione italiana, ora dobbiamo registrare, invece, il mancato scioglimento di un’espressione che nell’originale latino rimane aperta a diverse interpretazioni. Ci riferiamo all’Inno che ha accompagnato la preghiera dei Vespri, dalla sera di Pasqua fino all’Ascensione. Mentre pertanto ci apprestiamo a congedarlo, ci soffermiamo sul primo stico dell’Ad cenam agni providi.
“Providi” può essere letto sia come genitivo singolare sia come nominativo plurale. Nel primo caso, l’aggettivo providus (da provideo) si riferisce all’agnello; nell’altro caso, si tratterebbe del noi dell’assemblea orante, soggetto del canto a Cristo principe, che “vede davanti a sé”, nel desiderio, il banchetto dell’agnello (1). Se, diversamente, a “providere” fosse l’agnello, sarebbe sottolineato il fatto che il banchetto è stato già preparato, è pronto, proprio grazie all’opera dell’agnello. Come si vede, sarebbe difficile dire che una delle due interpretazioni sia assolutamente errata. Ci sono sfumature interessanti da cogliere in entrambe.
Tuttavia, i latinisti ci suggeriscono che “providus” non sembra mai essere usato in relazione con la particella “ad“, con il senso di at-tendere. Ma nonostante questo chiarimento precisi meglio il senso, ci si può ancora chiedere cosa si intenda con “agnello provvido”: la traduzione di per sé non sarebbe sufficiente. Forse è per questo che il traduttore italiano ha scelto di non complicare troppo la questione, semplicemente omettendo l’aggettivo, rendendo con un’espressione lineare, ma assai più povera: “alla cena dell’agnello”.
Torniamo, quindi, agnello provvido, o provvidente. Parrebbero due i testi biblici ad essere qui evocati. Il primo, anticotestamentario, è Genesi 22,8: “Abramo rispose: ‘Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio’ [dixit Abraham Deus providebit sibi victimam holocausti fili mi]”; l’agnello provvido sarebbe quello provveduto da Dio stesso, l’ariete offerto al posto di Isacco. Anche in questo caso forse non è del tutto da escludere questa ipotesi, nonostante appaia più armonico con il senso generale dell’Inno il riferimento ad un secondo testo della Scrittura, che è Apocalisse 19,7-9: “sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta…Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello [venerunt nuptiae agni et uxor eius praeparavit se…beati qui ad cenam nuptiarum agni vocati sunt]”. Al suo banchetto di nozze, è l’agnello che invita, è lui che sovrintende, è lui che provvede! Ma c’è di più: come dirà più avanti l’inno, è lui stesso il cibo servito in questo banchetto: l’agnello invita al suo banchetto, nel quale cibo prezioso è l’agnello stesso.
Simili evocazioni avrebbero potuto risuonare anche nell’italiano, se il traduttore avesse avuto più coraggio, tentando di trovare un modo per trasmettere anche quell’aggettivo! No, non pare proprio che esso, a differenza dell’agnello, sia stato provvido.
Infine, ecco come Agostino esprimeva questo mistero:
Fu allora invitata la moltitudine di tutte le genti: essa riempì la Chiesa; e non ricevette dalla mensa del suo Signore vili pietanze o vini scadenti, ma gustò la carne e il sangue dello stesso pastore, dello stesso Cristo immolato. Fu ucciso alle sue nozze lo stesso Agnello innocente; fu ucciso alle nozze e cibò con la sua carne tutti quelli che aveva invitato. Ucciso preparò il banchetto; risorto celebrò le nozze. Subì volontariamente passione e uccisione. Risorto ebbe la sposa prestabilita. Nel seno della Vergine ricevette la carne umana come un pegno e sulla croce versò il suo sangue come una preziosissima dote; nella sua risurrezione e ascensione rinsaldò i suoi patti di eterno connubio.
Invitata est postea universarum Gentium multitudo, ipsa implevit Ecclesiam, ipsa accepit de mensa dominica non viles epulas, aut ignobiles potus, sed ipsius pastoris, ipsius occisi Christi carnem praelibavit et sanguinem. Occisus est ad nuptias suas ipse innocens agnus, occisus est ad nuptias; et quoscumque invitavit, de carne sua pavit. Occisus epulas praeparavit: resurgens nuptias celebravit. Occisus voluntariam pertulit passionem: resurgens dispositam duxit uxorem. In utero virginis humanam carnem velut arrham accepit: in cruce pretiosissimam dotem suum sanguinem fudit: in resurrectione atque ascensione sua aeterni matrimonii foedera roboravit.
Agostino, Sermo 372,2
cf. qui: http://www.augustinus.it/latino/discorsi/index2.htm
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Le versioni inglesi sembrano preferire questa lezione: “The lamb’s high banquet we await”, “Foreseeing the supper of the Lamb”. Una versione italiana non ufficiale recita “Ammessi alla cena del provvido agnello”. Per approfondire, cf. A. Bastiaensen, «The hymn ” Ad cenam Agni providi”», Ephemerides Liturgicae 90 (1976) 43-71, in particolare le pagine 52-53.