Per metà o per un terzo? Il Dies irae e la gratuità della salvezza.

La perenne vitalità della Tradizione e della Liturgia si dimostra anche in circostanze curiose e disparate. Casi e ricorsi storici, associazioni e richiami di dettagli, apparentemente confusi e dispersi, ma che nell’insieme, cattolicamente, si illuminano in modo sorprendente, incrociandosi e sovrapponendosi in modo inaspettato.

Giorni fa, Papa Francesco affermava un dato inequivocabile della fede cristiana, che tuttavia è stato – nella risonanza mediatica – quasi del tutto sopraffatto da aspetti secondari.
“Ma perché Gesù ce l’ha con i soldi, ce l’ha con il denaro? Perché la redenzione è gratuita; la gratuità di Dio Lui viene a portarci, la gratuità totale dell’amore di Dio. E quando la Chiesa o le chiese diventano affariste, si dice che … eh, non è tanto gratuita, la salvezza …”

Ebbene, proprio in questi giorni è possibile pregare con un antico testo, che la riforma liturgica ha ricollocato nella Liturgia delle Ore dell’ultima settimana dell’anno liturgico: la sequenza Dies Irae.
In una delle strofe si dice: Rex tremendae maiestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me, fons pietatis.

Il messale tridentino aveva riservato tale sequenza per la liturgia dei defunti. La riforma liturgica del Vaticano II ha optato secondo altri criteri, di cui magari si parlerà in un prossimo post. Per ora sia sufficiente notare la sorprendente coincidenza temporale: Papa Francesco – la cui predicazione è improvvidamente e pretestuosamente presentata come una dirompente novità rispetto al passato – pochi giorni prima che la Liturgia ne abbia riproposto il testo, si dimostra assolutamente in linea con l’antica sequenza.

Un altro dettaglio curioso: si noterà che nell’uso odierno – indicato come facoltativo – l’antica sequenza è riproposta in tre sezioni, offerte come Inni per l’Ufficio delle Letture, Lodi e Vespri. Dividere un testo originalmente unitario è sempre un’operazione rischiosa e discutibile; tuttavia non deve essere stata la prima volta in cui il Dies Irae è stato diviso. Infatti, da un sonetto del poeta romano Gioacchino Belli (1)si può evincere che era in uso recitare solo una parte della sequenza. Tale consuetudine non sembra motivata da criteri propriamente liturgici, quanto da ben più prosaiche questioni di risparmio. Nel caso particolare dell’avaro stigmatizzato dal Belli, non si vorrebbe spendere nemmeno quanto basta alla recita di metà della sequenza: “e ppe nun spenne l’arma d’un quadrino nun ze farebbe dì mezza diasilla” (2).

Un tempo se ne poteva recitare una metà, ora se ne può recitare un terzo!!

Non cambia il valore del testo e la ricchezza del suo contenuto, anche se alcuni riferimenti e immagini non sono più facilmente comprensibili: già ai tempi del Belli c’era un po’ di confusione….

_________

(1) http://it.wikisource.org/wiki/Sonetti_romaneschi/L%27avaro_I

 (2) Probabilmente il Belli fa riferimento alla consuetudine popolare di beneficiare con qualche piccola ricompensa chi si offriva per recitare questa preghiera come suffragio per i morti. Il testo era visibilmente storpiato, con improbabili travisamenti dell’originale latino e assonanze fantasiose. Lungi da noi, tuttavia, deridere la fede del popolino romano: al contrario, è davvero impressionante come questa versione del Dies Irae abbia avuto diffusione e persistenza. Eccone una versione:

Diasilla diasilla
tutti secoli in favilla,
scrisse Davide e Sibilla.

Giorno trema, giorno scuro
il Giudizio sarà duro,
giorno senza più futuro.

Soneranno quattro trombe,
scapparanno dalle tombe
brutte facce e brutte ombre

e ripiglia la figura
che gli tolse la natura,
lasciarà la seppoltura.

Libro scritto e tribbunale
pesaranno bene e male,
come e quanto, tale e quale.

Ce sarà pena e dolore:
a giudizio il peccatore
della colpa e dell’errore.

Ce sarà pena e tormenti:
pure il giusto batte i denti,
‘un contaranno i pentimenti.

La tremenda maestà,
salva per bontà,
Tu sei fonte di pietà.

Mi cercasti in ogni chiasso,
mi seguisti passo passo,
salva me da Satanasso!

Ci creasti e ci salvasti,
nel legno della Santissima Croce ci ricomprasti.
Fa’, Dio mio, che questo basti.

Giusto Giudice in funzione,
dacci Tu la remissione,
della pena la razione.

Arrossisco come rio
pe la colpa e ‘l fallo mio
e così m’aiuti Iddio!

A Maria li giorni tristi
e a Ladrone compatisti,
pure a me t’impietosisti.

O Signore, non so’ degno,
ma la Croce, il santo legno…
dammi un posto nel tuo Regno.

Non c’è in giro anima onesta:
scegli quella e scegli questa,
io mi siedo alla tua destra.

Contristati maledetti
stanno al fuoco e stanno stretti,
chiama me fra i benedetti.

Nello giorno spaventoso,
Gesù Cristo pietoso,
dàtece pace e riposo.

Lacrimosa diasilla
quando tutto va in favilla,
giudicando l’uomo rio
ci perdona e assolvi Iddio.
Diasilla lacrimosa
in eterno ci riposa.
Amen.

Qui invece, il testo latino con una traduzione italiana:http: //liturgiadefunti.blogspot.it/2009/11/dies-irae-con-traduzione-e-musica.html

2 pensieri su “Per metà o per un terzo? Il Dies irae e la gratuità della salvezza.

  1. Pingback: Dalla memoria viva della Liturgia, elementi che ritornano: ancora esempi. | sacramentumfuturi

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