I Salmi dell’Ascensione: uno sguardo alla tradizione

I salmi che compongono l’Ufficiatura della solennità dell’Ascensione sono del tutto armonici e coerenti con la Tradizione. Tuttavia, come del resto accade in ogni tipo di scelta, qualcosa è rimasto escluso. Dal punto di vista dei contenuti, del resto, questa festa è ricchissima, e la riduzione del numero dei salmi, inevitabilmente, ebbe come conseguenza l’esclusione di alcuni di essi. Per l’Ufficio delle Letture, ad es., il Salmo 67, diviso in tre sezioni, ha occupato tutto lo spazio della parte della salmodia. I periti del Coetus III del Consilium erano consapevoli che alcuni rami della tradizione presentavano altri salmi per l’ufficio vigilare dell’Ascensione, ma scelsero il salmo 67, essendo questo del tutto tradizionale e attestato.
Uno dei salmi esclusi dall’ufficiatura di questa solennità è il salmo 23. J. Daniélou (1) ha raccolto le attestazioni dei Padri che associano questo salmo al mistero dell’Ascensione, evidenziando in modo assai chiaro la ricchezza teologica di questi testi, che permettono di abbracciare con un unico sguardo tutta l’economia salvifica, dall’Incarnazione all’Ascensione.
Si deve riconoscere, del resto, che le categorie spaziali della Bibbia erano un tempo facilmente comprese e intuite: sembra che oggi occorra, invece, rimodulare questa visione del cosmo in un modo nuovo (2). Per questo, forse, i periti hanno deciso di non inserire un salmo, che pur avevano notato in alcuni salteri associato all’Ascensione: il riferimento del salmo a questa festa è dato da una visione teologica così intimamente legata alla cosmologia antica (i cieli strutturati in livelli e gradi, con angeli guardiani alle porte).
Prima di presentare, per i lettori con più pazienza e interesse, un lungo brano di Daniélou e, poi, una sezione dello Schema 244, in cui i periti del Coetus III incaricati di studiare la nuova distribuzione dei Salmi giustificano le loro proposte, vorremmo evidenziare un brano di sant’Ambrogio, in cui viene fatto un interessante parallelismo fra un elemento del Battesimo (l’incedere dei neofiti con le vesti bianche) e l’Ascensione di Cristo:
«Dopo questi riti hai ricevuto le vesti candide per indicare che ti sei spogliato dell’involucro dei peccati, hai indossato le pure vesti dell’innocenza..[…] Con queste vesti, indossate mediante il lavacro di rigenerazione, la Chiesa dice nel Cantico: Sono nera e bella, figlie di Gerusalemme, nera per la fragilità della condizione umana, bella per la grazia; nera perché formata di peccatori, bella per il sacramento della fede. Vedendo queste vesti le figlie di Gerusalemme, stupefatte, dicono: Chi è costei che sale tutta candida? Rimasero dubbiosi anche gli angeli, quando Cristo risuscitò, rimasero dubbiose le potenze celesti vedendo che la carne saliva al cielo. Per cui dicevano: Chi è questo re della gloria? E mentre alcuni dicevano: Sollevate le porte, principi vostri, ed alzatevi porte eterne, ed entrerà il re della gloria, altri rimanevano dubbiosi dicendo: Chi è questo re della gloria? Anche in Isaia trovi che le virtù dei cieli dubitando dissero: Chi è questi che sale da Edom, il colere delle sue vesti è da Bosor, splendido nella sua veste candida?” (Sant’Ambrogio, De Mysteriis, 7,34-36). Ecco ora la lunga citazione:

Giustino scrive nell'”Apologia”: “Considerate come Egli dovesse salire al cielo, secondo le profezie. E’ stato detto: Alzate le porte dei cieli, che si aprano ed il re della gloria entrerà” (LI,6-7). Questa è una citazione del Salmo 23, 7. La più antica testimonianza che possediamo dell’applicazione di questo Salmo all’Ascensione si trova nell’ “Apocalisse di Pietro”: “G1i angeli si esortavano a vicenda, affinché si compisse la parola della Scrittura: Aprite le vostre porte, o principi!” (Rev. Or. Chrét., 1910, p. 317). Qui i principi sono gli angeli, guardiani della sfera celeste, nella quale il Verbo di Dio introduce, all’Ascensione, l’umanità unita a lui. L’applicazione di questi versetti all’Ascensione è stata ben presto combinata con un tema teologico di antica data: quello di Cristo che discendeva nel mondo all’insaputa di quelle stesse potenze angeliche dei cieli intermedi, che resteranno stupite nel vederlo risalire nella sua gloria, durante l’Ascensione. Questo medesimo tema appariva da principio nell’ “Ascensione di Isaia”: “Quando il Verbo discese nel terzo cielo, assunse la forma degli angeli che là si trovavano; quelli che custodivano la porta del cielo chiesero la parola d’ordine; il Signore la pronunciò per non essere riconosciuto e, infatti, quando Lo videro, non lo lodarono in quanto non lo riconobbero, tanto il suo aspetto era simile al loro” (X, 24-26). Quando, al ritorno, il Cristo “ripassò per il terzo cielo, questa volta senza trasformarsi, tutti gli angeli, a destra e a sinistra nonché il Trono che è in mezzo a loro, l’adorarono e lo lodarono, chiedendosi: come Nostro Signore si è nascosto quando è disceso e noi non lo abbiamo capito?” (XI, 25-26).
Questo tema dell’Incarnazione nascosta agli angeli si ritrova in uno straordinario passo di sant’Ignazio di Antiochia: “Il principe di questo mondo ha ignorato la Verginità di Maria ed il suo Parto, allo stesso modo della Morte del Signore: tre misteri clamorosi compiuti nel silenzio di Dio” (Ef. 19,1). E’ addirittura san Paolo che fa menzione di questa ignoranza dell’Incarnazione e della conseguente manifestazione della gloria dell’uomo-Dio al momento dell’Ascensione: “Noi predichiamo una saggezza di Dio, misteriosa ed occulta. Questa saggezza i principi di questo mondo non l’hanno conosciuta, perché, se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (1 Cor. 2,7-8). Ed è “attraverso la Chiesa che i Principati e le Potestà nei cieli conoscono la saggezza infinitamente varia di Dio” (Ef. 3,10). Ora, questo tema del “descensus” nascosto e dell’“ascensus” manifestato agli angeli, guardiani delle porte del cielo, si accordava mirabilmente con l’applicazione all’Ascensione del Salmo 23. Troviamo questa concordanza in Giustino: “Principi, alzate le vostre porte; alzatevi, o porte eterne ed il re della gloria passerà. Quando Cristo risuscitò dai morti e sali al cielo, fu ordinato ai principi disposti da Dio nei cieli di aprirne le porte, affinché colui che era il re della gloria fosse potuto entrare e, una volta entrato, sedersi alla destra del Padre, intanto che non avesse fatto dei suoi nemici lo sgabello dei suoi piedi. Ma quando i principi dei cieli lo videro senza bellezza, senza onore, né gloria nell’aspetto, non lo riconobbero e dissero: chi è questo re della gloria?” (XXXVI,4-6). Appare un elemento nuovo: nell’“ascensus” gli angeli non riconoscono Cristo a causa dell’apparenza umana di cui è rivestito. L’espressione “senza bellezza” è un’allusione al versetto 2 di Isaia 53: “Era senza bellezza”: uno dei testi più frequentemente citati nel contesto della comunità primitiva. Sant’Ireneo commenta a sua volta il salmo in questo senso, senza tuttavia il concetto finale: “Che egli dovesse essere elevato al cielo, Davide lo aveva detto: alzate, o principi, le vostre porte; alzatevi, o porte eterne ed il re della gloria passerà! Le porte eterne rappresentano il cielo. Come il Verbo è disceso senza essere visibile alle creature, Egli non fu da esse riconosciuto durante la sua discesa. Reso visibile nella sua Incarnazione, Egli è elevato al cielo; scorgendolo, gli angeli da sotto gridano a quelli che sono sopra: aprite le vostre porte, alzatevi, o porte eterne, sta per entrare il re della gloria! E mentre gli angeli in alto si chiedevano stupiti: “chi e costui?”, coloro che lo vedevano, esclamavano di nuovo: è il Signore forte e potente, è Lui il re della gloria!” (Dém., 84). Il punto di vista teologico di Ireneo modifica un poco quello di Giustino. Con Origene, ritroviamo il tema di Giustino: “Come lui avanzò, vincitore, con il suo corpo risuscitato dai morti, alcune Potenze dissero: chi è costui che viene da Bozra, con le vesti tinte di rosso? (Is. 63,1). Ma quelli che lo accompagnavano dissero ai custodi delle porte dei cieli: apritevi, porte eterne!” (Co. Jo., VI,56; Preuschen, 165). Sant’ Atanasio contribuisce con una sfumatura diversa: “Gli angeli del Signore che lo seguirono sulla terra, vedendolo salire, l’annunciano alle Virtù celesti affinché esse aprano le loro porte. Le Potestà sono stupite vedendolo incarnato. E’ per questo che gridano: “chi è costui?”, colpite da un fatto cosi incredibile. E gli angeli, che salgono con Cristo, rispondono loro: “Il Signore delle Virtù è il re della gloria e svela a coloro che sono nei cieli il grande mistero, che cioè Colui che ha vinto i nemici spirituali è il re della gloria” (Exp. Psalm., XXIII; P.G., XXVII, 141 D). Si sente l’influenza di Origene, soprattutto nel tema degli angeli che discendono con Gesù e che risalgono con Lui. Gregorio di Nissa riprende il tema in modo differente ma, soprattutto in un testo tanto più interessante per noi in quanto ripreso dal Breviario romano come lezione del secondo notturno del mercoledì nell’ottava dell’Ascensione: “Davide, uscito da se stesso, non più gravato del peso del proprio corpo e confuso tra le Potestà ipercosmiche che accompagnavano il Signore nella sua discesa, ci descrive il loro invito agli angeli, che circondano da vicino la terra ed a cui è affidata l’esistenza umana, di alzare le loro porte” (P.G., XLVI,693). Ma questi angeli non riconoscono il Signore, “perché Costui, adattandosi sempre alle capacità di colui che lo riceve, come si fa uomo con gli uomini, si fa angelo con gli angeli”. Costoro, dunque, chiedono: “Chi è questo re della gloria?” Ritroviarno la concezione dell’“Ascensione di Isaia” su Cristo che riveste le forme successive delle nature angeliche che incontra nel corso della sua discesa, approfondita da quella di Origene per cui il Verbo si adatta alle capacità di coloro che lo ricevono. Passiamo all’Ascensione: “Nel corso di questa, al contrario, coloro che formano il suo corteo, ordinano alle Porte ipercosmiche di aprirsi, perché sia di nuovo adorato in esse; non viene riconosciuto perché è rivestito con le povere Vesti della nostra natura e perché le sue vesti si sono arrossate dopo che Egli ha pigiato nel frantoio delle miserie umane. Le Porte, questa volta, grideranno: chi è questo re della gloria?” (693, B-C). L’assenza di bellezza, a causa della natura umana e della sua Passione, impedisce a Cristo, durante l’Ascensione, di essere riconosciuto dalle Potestà celesti; è un tema questo che ricorda Giustino ed Origene (stessa citazione da Isaia, 63, l) e che ci riporta al “De Mysteriis” di sant’Ambrogio: “Perfino gli angeli dubitarono, quando Cristo risuscitò e, vedendo la sua carne salire al cielo, domandavano: “chi è questo re della gloria?”. Mentre alcuni esclamavano: “Alzate le porte, o principi, ed entrerà il re della gloria!”, altri dubitavano e chiedevano: “chi è Colui che sale da Edom? (Is. 63, l)” (De Myst., 36).

J. Daniélou, Bibbia e Liturgia, Roma 1998,267-270

[p. 244/8]
Ascensio Domini
42) I. Vesperae
Ps 112 propter vv. 4-6: “Excelsus super omnes gentes Dominus..”
Ps 116 Gentes omnes invitantur ad adorandum Christum
Apc 12,10-12 II. pars cantici assignati fer. V.: “Nunc facta est salus et virtus et regnum Dei nostri et potestas Christi eius”.
43) Officium lectionis (cf. app. IV)
Contra maioritatem mss. aliquae breviaria Medii Aevi Diei Ascensionis assignant Ps 67. Hic psalmus optime aptus est pro hoc mysterio. Usque nunc apparet in Officio lectionis die Pentecostes propter v. 29: “Confirma hoc..”. Sed in novo psalterio alia interpretatio adest. Quare proponitur pro Ascensione Ps 67,2-12 / 13-25 / 26-36
[p. 244/9]
Ps 67 occurrit in Missa Ascensionis tamquam versus ad Alleluia et pro Communione. Etiam in Seriebus III. et VI. apud Salmon interpretatur de Ascensione. Patet hoc fieri propter vv. 55-54: “Psallite Domino, qui ascendit super caelos caelorum” et vv. 18-19: “Dominus …ascendens in altum captivam duxit captivitatem”. Inter psalmos traditionales praedilectus est Ps 46. Quapropter proponitur pro II. Vesperis post Ps 109.
44) II. Vesperae
Ps 109, quia die Ascensionis Christus exaltatur ad dexteram Patris.
Ps 46 propter v .6: “Ascendit Deus in iubilatione…” qui in Missa est responsum Offertorii. Cf. etiam Titulum apud Salmon Ser. I. et III. Pulcherrime loquitur sic interpretando s.Augustinus En. in Ps XLVI; CChr. XXXVIII, p.555. Cf. Cassiodorum, Exp. in Ps XLVI; CChr. XCVII, p.422s.
Apc 11,17.18, quod alludit ad parusiam cf. Act 1,11.

Consilium ad Exsequendam Constitutionem de sacra Liturgia, Coetus III, Schema 244, De breviario 59

____________

(1) Cf. J. Daniélou, Bibbia e Liturgia. La teologia biblica dei Sacramenti e delle feste secondo i Padri della Chiesa, Roma 1998; anche Id., “Les Psaumes dans la liturgie de l’Ascension”, LMD 21 (1950) 40-56: i salmi a cui Daniélou fa riferimento sono, oltre al Salmo 23, il 109 e il 67.

(2) Cf. quello che già da giovane teologo J. Ratzinger scriveva in Introduzione al cristianesimo, Brescia, 1996, pp.254-256: http://www.gliscritti.it/antologia/entry/206

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