Grazie alla segnalazione di un lettore, Mattia – evidentemente attento e competente – , riportiamo un altro passo di J. Ratzinger sulla liturgia stazionale romana e sul quel particolare itinerario di “geografia spirituale”, creato dalle celebrazioni nelle diverse chiese dell’Urbe.
Si tratta di una meditazione offerta per gli Esercizi spirituali al Papa (Giovanni Paolo II) e ai Membri della Curia romana, nella Quaresima del 1983. Pur non valendo più il legame fra lezionario e chiesa stazionale, il card. Ratzinger riesce comunque, partendo dal testo dell’Orazione colletta, a far trasparire la ricchezza della liturgia, non con un tono polemico e lo sguardo nostalgico rivolto al passato, ma cogliendo il meglio dell’antico ordo, attualizzandone il contenuto in senso spirituale davvero profondo. Solamente un maestro può permettersi operazioni di questo tipo, senza cadere in sterile erudizione e archeologismo nostalgico.
Ringraziamo, di nuovo, Mattia, e godiamoci questo testo.
“L’antica liturgia romana aveva creato una geografia della fede, partendo dall’idea, che con l’arrivo di Pietro e di Paolo e, in maniera definitiva, con la distruzione del Tempio e il rifiuto del Signore da parte del suo popolo, Gerusalemme si fosse trasferita a Roma. La conseguenza è che anche la geografia della vita e della morte di Gesù si iscrive nelle strade, nella fisionomia spirituale di questa città. La Roma cristiana è intesa come una ricostruzione della Gerusalemme di Gesù dentro le mura di Roma; questo fatto contiene più di un ricordo del passato. Iscrivendo i lineamenti di Gerusalemme in questa città, si prepara qui a Roma e in questo mondo la Gerusalemme nuova, la nuova città, nella quale Dio abita. E ancora un’altra cosa vi è da aggiungere. Questa geografia interiore della città non è né puro ricordo del passato, né vuota anticipazione del futuro; essa descrive un cammino interiore, il cammino dalla Roma antica verso la Roma nuova, dalla città antica verso la città nuova, il cammino della conversione, che va dal passato per l’amore crocifisso di Gesù verso il futuro. La città nuova comincia in questo cammino interiore, espresso nella rete dei cammini terreni di Gesù e della storia della salvezza. Da questa visione appare l’importanza permanente della geografia spirituale insita nelle chiese “stazionali” della Quaresima. La connessione profonda tra i testi della liturgia e questi luoghi forma un insieme di logica esistenziale della fede, che segue Gesù dal deserto, attraverso la sua vita pubblica, fino alla Croce e alla Risurrezione”.
J. Ratzinger, Il cammino pasquale, Milano 2000, 22-23
Per completezza, riportiamo un brano di un altro studioso, P. Regan, alla cui comparazione fra il Messale del 1962 e quello di Paolo VI siamo debitori di preziose informazioni.
Partendo dalla domenica di Settuagesima e continuando fino all’ottava di Pasqua inclusa, il MR del 1962 riporta il nome della chiesa stazionale a Roma, dove anticamente il papa, circondato dalla sua corte e dal popolo cristiano, celebrava quella determinata messa. Con una certa frequenza i testi di quelle messe alludono al luogo della celebrazione. Ad esempio, il sabato della terza settimana, quando l’epistola, tratta da Dn 13, parla dei due anziani malvagi che spiano di nascosto l’onesta Susanna mentre fa il bagno, la chiesa stazionale è quella di Santa Susanna. Evidentemente molti di questi formulari di messe furono compilati in vista dei luoghi in cui dovevano essere usati. […] Il Messale di Paolo VI non indica più le chiese stazionali, probabilmente perché destinato a tutte le chiese a livello mondiale, dove i nomi di quelle chiese romane hanno poca importanza. Inoltre, oggi il papa non celebra più la messa in nessuna di esse durante la Quaresima, a parte Santa Sabina il Mercoledì delle Ceneri. Le chiese stazionali hanno quindi perso il loro legame con le messe quaresimali del pontefice. Infine, il Rito romano riveduto non è più la liturgia papale della Città Eterna trasferita in altre parti del mondo, ma una liturgia composta specificamente per la Chiesa universale. Tuttavia, in ricordo dell’antica usanza romana, una rubrica nella pagina prima del Mercoledì delle Ceneri incoraggia il vescovo diocesano a celebrare l’eucaristia con i fedeli in determinate chiese della città durante questo tempo liturgico: “E buona tradizione che nella chiesa locale si facciano, soprattutto in Quaresima, riunioni di preghiera nella forma delle ‘stazioni’ romane. Si raccomanda di conservare e incrementare questa tradizione, almeno nelle principali città, e nel modo più indicato per i singoli luoghi”.
P. Regan, Dall’Avvento alla Pentecoste. La Riforma liturgica nel Messale di Paolo VI, Bologna 2013, 105-106.
Per dirla con una battuta,
chi l’ha detto che la Chiesa non sa anticipare i tempi?
Ha inventato la “delocalizzazione”.
Ma, purtroppo, con gli annessi e connessi negativi.
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