“ad hoc”

Da un comune dizionario:

La locuzione latina “ad hoc”, di uso comune anche nella lingua italiana, il cui significato letterale è “per questo”, è utilizzata per indicare qualcosa creata per uno scopo ben preciso, per esempio: una legge creata ad hoc (cioè con un preciso scopo); un discorso ad hoc (ossia pensato e scritto con uno scopo ben preciso). L’espressione è altresì adoperata, per indicare anche un atteggiamento, un modo di fare “appositamente” concepito per rispondere ad una specifica situazione.

L’inno proposto per l’Ufficio delle Letture nella Settimana Santa, Pange, lingua, gloriosi, proelium certaminis, è un gioiello. Fa impressione, fra tantissimi altri spunti, la quinta strofa: la sintesi del mistero della vita di Cristo è ardita ed efficacemente poetica.

Lustra sex qui iam peracta,
tempus implens corporis,
se volente, natus ad hoc,
Passioni deditus,
Agnus in Crucis levatur
immolandus stipite.

Egli, già trascorsi sei lustri e compiendo il tempo della sua vita mortale, volendolo lui, nato per questo, si offre alla Passione, come Agnello è innalzato sul legno della Croce, per esservi immolato.
E’ fortissimo quel “ad hoc”, insieme al “se volente”! Che mirabile teologia è racchiusa qui. Insieme alle altre strofe, l’inno percorre tutta la storia della salvezza, dal primo peccato al mistero pasquale. Anche il mistero dell’incarnazione riceve luce dalla Pasqua. Ben oltre a qualsiasi accenno sentimentale o devozionale, la liturgia ci permette di entrare nel più profondo cuore del mistero della salvezza, con poche parole, ridicendo la Scrittura e i Padri in modo davvero incredibile.

Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità.
tu dicis quia rex sum ego, ego in hoc natus sum et ad hoc veni in mundum ut testimonium perhibeam veritati
(Gv 18,37)

Ego crucem volens patior, et mortem in me quam sum perempturus admitto.
Io soffro la croce perché lo voglio, e accetto in me la morte che sto per distruggere.
(Leone Magno, Sermone 48,3,5)

Certamente anche la stessa nascita del Signore da una madre è ordinata a questo mistero, né ci fu altro motivo nella nascita terrena del Figlio di Dio se non quello di poter essere affisso alla croce. Nel seno della Vergine fu assunta la carne mortale, e in quella carne mortale ebbe compimento il disegno della passione, che per l’ineffabile disposizione della misericordia divina fu per noi sacrificio di redenzione, abolizione della colpa e principio di risurrezione alla vita eterna.
Siquidem etiam ipsa Domini ex matre generatio huic sit impensa sacramento, nec alia fuerit Filio Dei causa nascendi, quam ut cruci posset adfigi. In utero enim Virginis suscepta est caro mortalis, in carne mortali completa est dispositio passionis, effectumque est ineffabili consilio misericordiae Dei, ut esset nobis sacrificium redemptionis, abolitio peccati et ad aeternam vitam initium resurgendi.
(Leone Magno, Sermone 35,1)

 

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