La domanda di Cristo che avevamo posto come titolo del precedente post, “Dove l’avete posto?”, ha incuriosito i Padri. Così sant’Agostino: “Sapevi che era morto, e non sapevi dove era stato sepolto?”, riferendosi alla prima parte del capitolo 11, in cui il Signore mostra di essere ben consapevole di quello che stava succedendo a Betania, ancora prima di recarvisi. Eccoli allora alla ricerca di un significato più profondo: la domanda posta in tal modo e in quel momento, a loro pare proprio un indizio da non potersi lasciar sfuggire.
Continuiamo con sant’Agostino: «E disse: dove l’avete deposto? Sapevi che era morto, e non sapevi dove era stato sepolto? Questo significa che Dio quasi non conosce più l’uomo che si è perduto in questa maniera. Non ho osato dire: non conosce. Ho detto quasi, perché in effetti non c’è nulla che Dio non conosca. La prova che Dio quasi non conoscerà più l’uomo perduto si trova nelle parole che il Signore pronuncerà nel giudizio: Non vi conosco; allontanatevi da me! (Mt 7, 23). Che significa non vi conosco? Significa: non vi vedo nella mia luce, non vi vedo nella giustizia che io conosco. Così anche qui, come se egli non conoscesse più un così grande peccatore, dice: Dove l’avete deposto? Così si era espressa la voce di Dio nel paradiso dopo che l’uomo peccò: Adamo dove sei? (Gn 3, 9). Gli dicono: Signore, vieni e vedi. Che vuol dire: vedi? Vuol dire: abbi pietà. Il Signore infatti vede allorché usa misericordia. Per questo col salmista gli diciamo: Vedi la mia miseria, la mia pena, e perdona tutti i miei peccati (Sal 24, 18)» (Commento al Vangelo di Giovanni 49,20).
Troviamo, di nuovo, il riferimento alla Genesi, anche in un brano, diversissimo per tipologia e per provenienza, di Romano il Melode: “Nel frattempo il Plasmatore era giunto alla tomba di colui a causa del quale là si trovava, dopo che era stato deposto: per pura ironia egli ciò domandò, perché egli stesso aveva fatto l’uomo con la propria mano. Dicendo: ‘Dove riposa Lazzaro?’ egli vuole sapere quanto già sapeva. Come aveva detto un tempo: ‘Dove sei, Adamo?’, così allora diceva: ‘Dov’è Lazzaro?’, lui che un momento prima aveva detto a Marta: ‘Risusciterà, si alzerà dicendo: Tu sei la vita e la risurrezione’. (Romano il Melode, Inno XXIX,17).
L’osservazione più acuta la fa però Cromazio di Aquileia: “Forse che il Signore poteva ignorare dove era stato deposto Lazzaro, lui che sebbene assente, aveva preannunziato la morte di Lazzaro..[…]. Ma così facendo si attenne a un’antica consuetudine. Infatti allo stesso modo chiese ad Adamo: ‘Dove sei?’. Egli interrogò Adamo non perché ignorava dove si trovasse, ma perché Adamo confessasse il suo peccato con le proprie labbra e potesse così meritarne il perdono” (Cromazio di Aquileia, Sermo 27,1-4).
E’ davvero mirabile questa capacità di rendere viva la Scrittura, in una lettura unitaria di Antico e Nuovo Testamento insieme all’attualizzazione liturgica degli stessi misteri.
Non pretendiamo di concludere con un’affermazione stringente, ma possiamo comunque constatare quanto sia distante quella comprensione dogmatico-sacramentaria che vede nella necessità della confessione dettagliata, per numero e specie, dei peccati perché il confessore-giudice possa emettere un giudizio giusto e comminare un’adeguata penitenza.
Non c’è forse una ricchezza da recuperare, nella nostra modalità di intendere e di celebrare la penitenza?
cf. i post precedenti:
– https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2014/01/15/chi-chiama-sta-per-salvare/