Il numero 302 (Gennaio/Febbraio 2014) di Rivista di Pastorale Liturgica ha un titolo interessante, e la lettura dell’editoriale è ancora più intrigante, per l’ambizioso progetto della rivista per l’intera annata: “Riflettendo su quanto è avvenuto nei decenni successivi alla riforma conciliare, verificheremo se c’è stato accordo o discontinuità nella prassi sacramentale rispetto ai principi di Sacrosanctum Concilium e agli Ordines che ne sono nati. Ci occuperemo delle strutture celebrative di penitenza, confermazione, matrimonio, battesimo dei bambini, liturgia delle Ore, benedizioni. Apre l’anno la riflessione sulla struttura del Rito della penitenza, l’Ordo rinnovato tra i meno rispettati e il sacramento più in crisi”. Poi l’editoriale continua presentando i singoli articoli del fascicolo.
Non si ha la pretesa, in poche righe, di entrare nel merito di ogni contributo. Si vuole soltanto segnalare l’impressione che non si riesca proprio a fare un fruttuoso passo in avanti. Pare che si continui a camminare su una strada già battuta, di cui si sa che non porta tanto lontano.
Ci sono evidentemente dei problemi. Se il rito della penitenza ha avuto un “iter redazionale travagliato”, era forse inevitabile che anche nell’attuazione pratica si riscontrassero delle difficoltà. Quello che lascia perplessi è una certa insistenza nell’immaginare soluzioni impraticabili. E’ possibile che le Norme pastorali circa l’assoluzione collettiva (Congregazione per la Dottrina della Fede) invadano ancora, e in modo così pesante, il campo della riflessione teologico-liturgica, distogliendo attenzione da altre questioni che forse – ipotizziamo – potrebbero aprire altre prospettive più salutari e fruttuose. Senza dubbio le questioni teologiche sono molte e complesse, ma dal punto di vista eminentemente liturgico, non potrebbe essere più utile, ad esempio, concentrarsi un dato che pure viene più volte citato nei diversi articoli del fascicolo: la vera novità costituita dalla presenza, nel Rituale di Paolo VI, della Parola di Dio in ciascuna delle tre forme celebrative della penitenza. Nel quarto contributo, ad esempio, si dice: “La celebrazione comunitaria del sacramento della Penitenza non è una ‘preparazione’ all’esame di coscienza. Quando la si proclama in una assemblea riunita, la parola di Dio letta e commentata ha un valore sacramentale. La Scrittura non è un banale strumento pedagogico che serve a ‘confessarsi bene’, anzi, nella celebrazione comunitaria assume pienamente il suo ruolo kerigmatico e di ‘causa’ della conversione. Quindi la liturgia della Parola della penitenza ha la stessa dignità di quella dell’eucaristia” (D. Piazzi, “Le celebrazioni comunitarie con assoluzione individuale: struttura rituale ed elementi costitutivi”, 27-28). Non sarebbe, questa, una tematica assai più intrigante da approfondire? L’efficacia della Parola, la relazione strutturale Parola – Sacramento nella penitenza, non potrebbere essere questioni, anche dal punto di vista teologico, più feconde, rispetto alla ripetuta lamentela del fatto che, almeno qui in Italia, questo libro liturgico è utilizzabile solamente privo di una delle sue tre forme rituali?
La questione dell’assoluzione collettiva senza previa confessione individuale è stata chiusa in modo autoritativo; spesso la pastorale del sacramento langue per stanchezza e ripetività (e la proclamazione della Parola è, generalmente, il primo elemento che salta o che viene comunque bistrattato); perchè anche la teologica-liturgica dovrà rimanere bloccata in questioni stantie? Davvero non si può fare altro?
Siamo assolutamente sicuri del contrario.
E, come esempio, rimandiamo ad un altro saggio di uno degli autori dei contributi apparsi su questo numero di RPL. Non è del tutto corretto paragonare un breve articolo ad una ricerca vasta e approfondita, ma lo facciamo per mostrare la diversità di tono e di prospettiva: si può intuire quale sia la strada da perseguire.
Cf. G. Busca, “La teologia delle Premesse del Rito della penitenza”, RPL 302 (2014) 3-9 e G. Busca, La riconciliazione “sorella del battesimo”, Roma 2011.
Si veda anche la riflessione di Schmemann riportata nel post precedente: https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2014/02/26/sulla-soglia-della-quaresima-con-adamo-in-viaggio-si-ritorna-in-paradiso/