“La legge e la profezia si sono fatte verità”[1]: così Leone Magno, in uno dei suoi sermoni sul Natale, declinava il rapporto fra Antico Testamento e Nuovo, non tanto e non solo per argomentare teologicamente sul valore e sull’interpretazione della sacra Scrittura, ma per aprire ai suoi fedeli la via per una piena partecipazione ai misteri celebrati nella liturgia del Natale.
E’ interessante ritrovare lo stessa contenuto – che del resto è essenziale sia ad una corretta ermeneutica biblica sia ad una profonda ed interiore vita liturgica – in ambiti e linguaggi diversi: offriamo alcune strofe di un Inno sul Natale di sant’Efrem e, a seguire, una riflessione di Benedetto XVI sui vangeli dell’infanzia. Il lirismo poetico tipico delle liturgie delle antiche Chiese d’Oriente e la riflessione pacata e profonda del teologo Joseph Ratzinger convergono, da diverse impostazioni e metodologie, nel condurci al quel soave senso della Scrittura, che il Concilio ha inteso promuovere, come principio di vera riforma liturgica (SC 24). Ma su quest’ultimo punto occorrerà ritornare con più completezza in un altro momento. Per ora gustiamoci questi brani:
«Questo giorno ha fatto gioire, Signore,
i re, i sacerdoti e i profeti,
poiché in esso si compirono le loro parole.
Gloria a Te, figlio del nostro creatore.
La vergine infatti ha partorito
l’Emmanuele a Betlemme.
La parola proferita da Isaia
è divenuta oggi realtà.
Là è nato colui
che nel Libro enumera i popoli (Sal 87,5-6).
Del salmo cantato da Davide
c’è oggi il compimento.
La parola pronunciata da Michea
oggi avviene davvero,
poiché il Pastore è uscito da Efrata
e il suo scettro pasce le anime.
Ecco una stella da Giacobbe,
è sorto un capo da Israele.
Della profezia proferita da Balaam
c’è oggi la spiegazione.
E’ scesa la luce celata,
e si è levata la sua bellezza da un corpo.
Il Levante di cui si dice in Zaccaria
brilla oggi a Betlemme.
Si è levata la luce del regno
in Efrata, città dei re.
Delle benedizione pronunciata da Giacobbe
c’è oggi il compimento.
Oggi è nato un bimbo,
il suo nome è Meraviglia.
E’ proprio una meraviglia di Dio
che si sia manifestato come un bambino.
E’ salito come una radice davanti a lui,
radice della terra assetata.
Ciò che fu detto celatamente
è avvenuto oggi manifestamente.
Sia confuso il popolo che tiene
per veritieri i profeti:
se non fosse venuto il nostro Salvatore
le loro parole sarebbero ritenute menzognere.
Benedetto il Vero venuto
dal Padre di verità.
Ha compiuto le parole dei veridici [profeti]
che si adempirono nella loro verità.
Dal tuo forziere estrarremo, mio Signore,
dai tesori delle tue Scritture,
i nomi degli antichi giusti che attesero di vedere la tua venuta.
[…]
Chi mi porterà al termine della conta
di [tutti] i giusti che attesero il Figlio,
il cui numero non può essere limitato
dalla nostra debole bocca?
Chi saprebbe glorificare
il Figlio di verità che si levò per noi,
lui che i giusti bramavano
vedere nelle loro generazioni?
[…]
E’ lo Spirito santo che in loro,
quietamente contemplando per loro
li spingeva a vedere, grazie a lui,
il salvatore che essi bramavano»[2]
«In Matteo, come anche in Luca, gli avvenimenti dell’infanzia di Gesù sono collegati molto strettamente, anche se in modo diverso, con parole dell’Antico Testamento. Matteo giustifica ogni volta per il lettore i nessi con corrispondenti citazioni veterotestamentarie. Luca parla degli eventi con parole dell’Antico Testamento; […] Qui si racconta una storia che spiega la Scrittura e, inversamente, ciò che la Scrittura, in molti luoghi, ha voluto dire, diventa visibile solo ora, per mezzo di questa nuova storia. E’ una narrazione che nasce totalmente dalla Parola e, tuttavia, è proprio essa a dare alla Parola quel suo pieno significato che prima non era ancora riconoscibile. La storia qui raccontata non è semplicemente un’illustrazione delle antiche parole, bensì la realtà che le parole attendevano. Questa, nelle sole parole, non era riconoscibile, ma le parole raggiungono il loro pieno significato mediante l’evento in cui esse diventano realtà. […] Matteo e Luca – ciascuno nella maniera propria – volevano non tanto raccontare delle “storie”, bensì scrivere storia, storia reale, avvenuta, certamente storia interpretata e compresa in base alla Parola di Dio. Questo significa anche che non c’era intenzione di raccontare in modo completo, ma di annotare ciò che, alla luce della Parola e per la comunità nascente della fede, appariva importante. I racconti dell’infanzia sono storia interpretata e, a partire dall’interpretazione, scritta e condensata. Tra la parola interpretativa di Dio e la storia interpretata c’è un reciproco rapporto: la Parola di Dio insegna che gli eventi contengono “storia della salvezza” che riguarda tutti. Gli eventi stessi, però, dischiudono da parte loro la Parola di Dio e fanno ora riconoscere la realtà concreta che si cela nei singoli testi. […] La storiografia del cristianesimo delle origini consiste proprio anche nell’assegnare il loro protagonista a queste parole “in attesa”. Da questa correlazione tra la parola “in attesa” e il riconoscimento del suo protagonista finalmente apparso, si è sviluppata l’esegesi tipicamente cristiana, che è nuova eppure rimane totalmente fedele all’originaria parola della Scrittura. […] tutto ciò che qui viene detto e avviene è pervaso da parole della Scrittura, così come abbiamo rilevato poc’anzi. Soltanto mediante i nuovi eventi le parole acquistano il loro senso pieno e, viceversa, gli eventi posseggono un significato permanente, perché nascono dalla Parola, sono Parola adempiuta»[3].
[1] La frase completa è: “Si è compiuto alla fine dei secoli ciò che era stabilito prima dei tempi eterni, e alla presenza delle realtà, scomparendo ormai il valore delle figure, la legge e la profezia si sono fatte verità (Impletum est in fine saeculorum quod erat ante tempora aeterna dispositum, et sub praesentia rerum signis cessantibus figurarum, lex et prophetia veritas facta est).
[2] Efrem il Siro, Inni sulla Natività e sull’Epifania, Introduzione, traduzione e note di I. De Francesco, Milano 2003.
[3] J. Ratzinger Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Milano – Città del Vaticano 2012, 23-27.