In Avvento, a caccia di citazioni bibliche nascoste (o quasi)

            Tempo fa, anche se fuori tempo, avevamo scritto qualcosa sulle Antifone Maggiori dell’Avvento, cogliendone un legame curioso proprio con il tempo. [ https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2013/10/11/at-nt-cosmo-un-succo-di-liturgia ]

            Ora ci sembra interessante, ancora sulla linea della lettura, o ri-lettura, che la Liturgia fa della Bibbia, mostrare i riferimenti biblici di tali antifone.

La prima, per la feria del 17 dicembre:

O Sapienza, che uscisti dalla bocca dell’Altissimo,
che ti estendi dall’uno all’altro confine e disponi ogni cosa con forza e soavità,
vieni a insegnarci la via della prudenza.

O Sapiéntia, quae ex ore Altissimi prodisti,
attingens a fine usque ad finem, fortiter suaviterque disponens omnia:
veni ad docendum nos viam prudentiae.

   * «La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo (Vulg. 24,5: Ego ex ore Altissimi prodivi primogenitam ante omne creaturam) e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele.» (Sir 24,1-8).

 * «Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza. La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa a meraviglia l’universo (Vulg. Sap 8,1: adtingit enim a fine usque ad finem fortiter et disponit omnia suaviter)» (Sap 7,27-8,1)

 * «La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: “Chi è inesperto venga qui!”. A chi è privo di senno ella dice: “Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza (Vulg. Prov 9,6: relinquite infantiam et vivite et ambulate per vias prudentiae)» (Prov 9,1-6)

E’ impressionante rileggere queste righe non più alla luce dell’impersonificazione della Sapienza veterotestamentaria ma alla luce di Cristo e del mistero dell’Incarnazione. Il Nuovo Testamento ha svelato questa parola creatrice, e da Gen 1 possiamo passare a Gv 1,3 e a Col 1,16. La Sapienza ha davvero pervaso l’universo, e la liturgia ne celebra l’avvento nel tempo, dopo aver disposto l’avvicendarsi dei tempi (cf. il testo del Martirologio del Natale).

Analoghi contenuti, non espressi nella forma succinta e poetica della liturgia, si possono trovare in un brano di sant’Agostino:

Orbene, il Verbo di Dio e Figlio di Dio, coeterno al Padre, ch’è ad un tempo Potenza e Sapienza di Dio, la quale abbraccia con potenza e governa con dolcezza tutto l’universo, dalle creature razionali più elevate fino alle infime creature materiali, presente e nascosta, non racchiusa in nessun luogo, in nessun luogo scissa, in nessun luogo turgida, ma senza mole e in ogni luogo intera, in un modo di gran lunga diverso da quello con cui si mostra a tutte le altre creature, assunse la natura umana e unito ad essa divenne un solo Gesù Cristo, Mediatore tra Dio e gli uomini, eguale al Padre secondo la divinità, minore al Padre secondo la carne, cioè secondo l’uomo, immortale senza mutamento secondo la divinità che ha in comune col Padre, e nello stesso tempo mutevole e mortale secondo la debolezza che gli è comune con gli uomini. Nella persona del Cristo, proprio nel tempo ch’egli aveva riconosciuto opportunissimo e decretato prima dei secoli, venne agli uomini il maestro e il soccorritore, per farci raggiungere l’eterna salvezza. Ci fu maestro affinché tutto ciò che nel mondo fu detto con profitto e verità non solo dai santi Profeti (che dissero sempre la verità), ma anche dai filosofi e dai poeti medesimi e da qualsiasi altro letterato (anche se frammischiarono – chi può dubitarne? – molte verità a falsità) venisse avvalorato dall’autorità di Lui anche con la presenza tangibile del corpo a beneficio di coloro che non potessero scoprire e intendere chiaramente quelle asserzioni nell’intima loro verità. Era lui la Verità che, prima di assumere la natura umana, era in tutti quelli che poterono esserne partecipi. Ma fu soprattutto con l’esempio della sua incarnazione che ci diede un salutare insegnamento. Poiché la maggior parte degli uomini bramosi della divinità pretendevano di aspirare a Dio più con superbia che con sentimenti religiosi, per mezzo delle potenze celesti, che reputavano dèi, e di vane cerimonie illecite di riti non sacri ma sacrileghi in cui i demoni, nati dalla superbia, erano per loro come gli Angeli santi, Iddio volle che gli uomini sapessero che quel Dio a cui aspiravano di arrivare per mezzo d’interposte potenze come se fosse lontanissimo, era tanto vicino agli uomini religiosi da degnarsi di prendere un corpo umano e di unirsi in certo modo con loro, si da unire a se stesso l’uomo tutto intero…

Verbum igitur Dei, idemque Dei Filius, Patri coaeternus, eademque Virtus et Sapientia Dei, a superno fine creaturae rationalis usque ad infimum finem creaturae corporalis attingens fortiter, et disponens omnia suaviter, praesens et latens, nusquam conclusa, nusquam discissa, nusquam tumida, sed sine mole ubique tota, longe alio modo quodam, quam eo quo creaturis caeteris adest, suscepit hominem, seque et illo fecit unum Iesum Christum, mediatorem Dei et hominum, aequalem Patri secundum divinitatem, minorem autem Patre secundum carnem, hoc est secundum hominem; incommutabiliter immortalem secundum aequalem Patri divinitatem, eumdemque mutabilem atque mortalem secundum cognatam nobis infirmitatem. In quo Christo, eo tempore quod opportunissimum ipse noverat, et ante saecula disposuerat, venit hominibus magisterium et adiutorium, ad capessendam sempiternam salutem. Magisterium quidem ut ea quae hic ante dicta sunt utiliter vera, non solum a Prophetis sanctis, qui omnia vera dixerunt, verum etiam a philosophis atque ipsis poetis, et cuiuscemodi auctoribus litterarum (quos multa vera falsis miscuisse quis ambigat?), illius etiam in carne praesentata confirmaret auctoritas, propter eos qui illa non possent in ipsa intima veritate cernere atque discernere: quae Veritas et antequam hominem assumeret, ipse aderat omnibus, qui eius participes esse potuerunt. Maxime vero suae incarnationis exemplo id salubriter persuasit, ut quoniam homines plerique divinitatis avidi, per potestates coelestes quas deos putarent, ritusque varios illicitorum, non sacrorum, sed sacrilegiorum, ambiendum sibi arbitrarentur ad Deum, magis superbe quam pie, qua in re pro Angelis sanctis eis se daemones superbiae cognatione supponunt, scirent homines tam proximum esse Deum pietati hominum, ad quem velut longe positum per interpositas potestates ambiebant, ut hominem suscipere dignaretur, et cum illo uniri quodam modo ut ei sic coaptaretur homo totus…

(Lettera 137,12)

Per chi desidera anche ascoltarne l’esecuzione musicale gregoriana:  http://www.youtube.com/watch?v=VcoYzoSfZUc

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