“…Prima ergo pars populi in sacram liturgia ea est ut recipiat fideliter donum Dei praevenientis, quod est eius verbum…“
Se rimane vero che i testi autoritativi del Concilio Vaticano II sono esclusivamente quelli approvati e promulgati dopo l’assenso dei Padri sinodali, è pur sempre utile ed importante studiare anche un’altra serie di documenti che a quelli si riferiscono. Non per cercare un ipotetico “spirito” da opporre alla “lettera”, ma per capire con più proprietà la lettera stessa. Il testo che fa fede è il dettato conciliare, ma se non si conosce in profondità la storia di un documento si rischia di far dire al testo ciò che gli è estraneo. Ancora, crediamo che solo un maggiore sforzo di ricerca e studio documentato potrà mettere fine a polemiche partigiane, che spesso si basano su ipotesi e pregiudizi piuttosto che fondarsi direttamente sulle fonti. Può essere utile, dunque, non solo conoscere i testi e la loro storia, ma anche gli estensori. Testi e testimoni, ripeteva spesso a lezione il compianto prof. Triacca. Che questa attenzione occorra oggi è evidente dal fatto che in certa letteratura traspare sì una formale adesione al testo conciliare, accompagnata tuttavia da un neanche tanto celato sospetto nei confronti di chi ne curò più da vicino la redazione. Esasperando un pochino tale atteggiamento, riassumendolo forse in modo troppo brutale, si ritiene che i periti che prepararono Sacrosanctum Concilium avessero dissimulato o temperato le loro ossessioni riformatrici prima e durante la fase sinodale, per poi scatenarsi di nuovo negli anni della concreta applicazione dei principi promulgati solennemente, con solo 4 voti contrari, dai vescovi del Vaticano II. Non credo sia oziosa accademia, pertanto, offrire un altro piccolo dettaglio della storia redazionale di SC, per amore della liturgia e della verità, e per una migliore comprensione della portata e del senso di quanto la costituzione liturgica afferma.
Già avevamo commentato alcune declarationes, ossia i testi che la Commissione Liturrgica Preparatoria aveva disposto come integrazione esplicativa ai numeri della Costituzione, alcuni di essi così stringati da non essere del tutto chiari. La Commissione Centrale optò di non mantenere tali note nel testo distribuito ai Padri, anche se poi durante le sessioni conciliari vennero richieste e rimesse a conoscenza dei vescovi.
Della declaratio che accompagnava il nostro numero 35 abbiamo già fornito riscontro in un post precedente (cf. https://sacramentumfuturi.wordpress.com/2013/09/30/piu-luce-sulla-sacrosanctum-concilium-un-esempio/).
Riguardando alcune carte, abbiamo scoperto un dettaglio ulteriore. Si sa che il primo capitolo della Costituzione, nella sua prima stesura completa, fu affidato a p. Cipriano Vagaggini. La composizione del testo tenne conto, evidentemente, di tutto il materiale presentato e discusso alla plenaria della Commissione liturgica, nell’aprile del 1961. Vagaggini, su indicazione della segreteria, fece sintesi dei contributi delle varie sottocommissioni, servendosi anche materialmente dei testi prodotti. Nella declaratio in questione è evidente questa commistione. La prima parte del testo si può attribuire – non lo possiamo dimostrare ora – allo stesso Vagaggini, mentre la seconda parte appare molto debitrice, in alcuni passaggi lo è alla lettera, del testo della Sottocommissione IX, quella incaricata di studiare le questioni legate alla partecipazione dei fedeli nella liturgia. “Partecipazione” è una delle tante espressioni al centro di dibattiti e polemiche, spesso a sproposito. Pare assai riduttivo presentare l’opera della riforma come un desiderio di “far fare qualcosa a tutti”, riempiendo l’azione liturgica di interventi di svariato genere e delle più disparate ministerialità da affiancare al ministero del sacerdozio ordinato. Non era questa l’intenzione, la mens, degli estensori. Leggere poche righe di questo testo sarà sufficiente mostrare come la visione di SC sia del tutto estranea a questi maldestri tentativi di ridurre la liturgia ad un fare, e dovrebbe renderci un po’ più cauti nell’attribuire tutti i mali ad un presunto estremismo rivoluzionario, che secondo alcuni – male informati – pervadeva tutti i periti conciliari. Notiamo, questa era una parte del testo della Sottocommissione De participatione!
Offriamo prima una nostra traduzione in italiano, seguita da una tabella di comparazione con i testi originali in latino.
PONTIFICIA COMMISSIO DE SACRA LITURGIA
PRAEPARATORIA CONCILII VATICANI II
SUBCOMMISSIO DE PARTICIPATIONE FIDELIUM IN SACRA LITURGIA (IX)
[…]
Principi essenziali a riguardo della partecipazione dei fedeli nella sacra liturgia.
Per confermare l’impulso dato dai pastori, affinchè sempre di più sia il clero che il popolo abbia parte nella sacra liturgia, il santo Concilio promulga le seguenti regole.
I. In qualsiasi azione liturgica deve essere ascoltata una lettura della Parola di Dio.
Ogni volta che il Signore voleva radunare insieme il popolo che si era scelto, popolo che desiderava colmare con tutti i doni della sua munificenza, prima ad esso si rivolgeva, per ottenerne il pieno assenso della fede. Così, appunto, agiva un tempo parlando ai padri per mezzo dei profeti; così, di nuovo, ultimamente in questi giorni, parla a noi per mezzo del Figlio. D’altra parte nei sacri riti la stessa dispensazione della salvezza continua nel sacramento [di nuovo la vera continuità, ndr]. Dunque la prima parte del popolo nella sacra liturgia è quella di ricevere fedelmente il dono di Dio preveniente, che è la sua parola. D’altra parte la fede si nutre per mezzo dell’ascolto della parola di Dio proclamata dalla Chiesa nella liturgia.
Pontificia Commissio De sacra Liturgia Praeparatoria Concilii Vaticani II,
Documenta sessionis plenariae mensis aprilis 1961, Relationes subcomissionum, De Fidelium Pariticipatione in sacra Liturgia.
(ASV, Conc. Vat. II, Busta 1369)
Testo della Sottocommissione |
Testo della declaratio (Vagaggini) |
PONTIFICIA COMMISSIO DE SACRA LITURGIA PRAEPARATORIA CONCILII VATICANI II SUBCOMMISSIO DE PARTICIPATIONE FIDELIUM IN SACRA LITURGIA (IX) […] Altiora principia de participatione fidelium in sacra liturgia Ad firmandum impulsum a pastoribus datum, ut magis ac magis tam clerus quam populus partem habeat ad sacram Liturgiam, sanctum Concilium sequentes regulas promulgat. I. In qualibet liturgica actione lectio sacrae scripturae auscultari debet. Quotiescumque Dominus coadunare volebat populum a se electum, quem optabat omnibus donis munificentiae suae cumulare, prius illum allocutus est, ut plenum fidei assensum ab eo obtineret. Ita quidam egit olim loquens patribus in prophetis; sicque iterum novissime diebus istis, dum loquebatur nobis in Filio (Hebr. 1,1). Porro in sacris ritibus ipsamet salutis dispensatio in sacramento perseverat. Prima ergo pars populi in sacram liturgia ea est ut recipiat fideliter donum Dei praevenientis, quod est eius verbum. Porro fides inprimis alitur per auditum verbum Dei in liturgia ab Ecclesia proclamati. Multi nostri aevis cristiani verbum Dei non possunt audire nisi in sola liturgica actione. Unde enixe commendat Sancta Synodus ut in sacra Liturgia ea quae leguntur, quamquam linguis diversis utuntur more et jure suo diversi ritus, in lingua populi actu adunati eo modo recitentur quo hic audiat et intelligat. […]
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[…] Ideo celebratio liturgica praeexigit fidem vehementer postulat etiam actualem excitationem fidei in praesentibus. Fides vero est assensus propter auctoritatem Dei revelantis iis quae Deus revelat et Ecclesia proponit credenda: sive est assensus verbi Dei ab Ecclesia proclamati. Revelatio vero Dei praeprimis in Scriptura continetur. […] Accedit exemplum Christi. Nam quotiescumque Christus coadunare volebat populum a se electum, ut donis suae munificentiae illum cumularet, prius illum alloquebatur ut plenum fidei assensum obtineret. Ita quidem egit olim Deus loquens patribus in prophetis sic iterum novissimis diebus istis dum loquebatur nobis in Filio. Porro in sacris ritibus ipsamet salutis disponsatio in sacramento perseverat. Primum ergo quod populous in sacra liturgia facere debet est fideliter donum gratiae Dei praevenientis recipere, quod est verbum ipsius. […] Multi nostri aevi christiani de facto verbi Dei audire non possunt nisi in sola actione liturgica. |